Condannata a 3 anni

Alluvione 2011, l’ex sindaco Vincenzi: “Processo sbagliato che non offre giustizia neppure ai parenti delle vittime”

Il tribunale si pronuncerà tra oggi e domani sulla richiesta di scontare la condanna tramite l'affidamento in prova ai servizi sociali

Genova. E’ pronta a svolgere attività di volontariato e spera di potersi rendere utile alla comunità Marta Vincenzi che questa mattina è comparsa in tribunale a Genova insieme al suo avvocato Stefano Savi per chiedere di essere ammessa all’affidamento in prova ai servizi sociali, ma l’ex sindaco di Genova, che ha patteggiato 3 anni per l’alluvione 2011, in cui morirono sei donne di cui due bambine, continua a parlare di un “processo sbagliato, che non ha chiarito come si sono svolti i fatti e che non dà quindi giustizia né alle vittime e ai loro parenti né ai condannati”.

Il tribunale deciderà se accogliere la richiesta, che ha ottenuto il parere positivo del procuratore generale Grassi, nella giornata di oggi o al massimo domani ma il clima è di fiducia anche grazie alla relazione positiva da parte dei servizi sociali che è stata allegata all’istanza.

L’ex sindaco, che in primo e secondo grado era stata condannata a 5 anni di reclusione, poi fatti rideterminare dalla Cassazione e portati a tre grazie al patteggiamento nell’appello bis, si dice assolutamente pronta a rispettare la sentenza ma anche le prescrizioni che il tribunale di sorveglianza le imporrà, ha ricordato le morti “che non si possono risarcire”, ma non demorde nella sua determinazione: “Per fortuna in un Paese libero le sentenze si possono commentare e io non sono d’accordo“.

marta vincenzi

Per Vincenzi “da questo processo soprattutto non deriva alcuna giustizia alla città perché d’ora in avanti, visto che non sono stati individuati i punti su cui si poteva migliorare e dove gli errori umani si sono verificati, ogni volta che accadrà qualcosa sarà difficile recuperarne il senso”.

Marta Vincenzi va oltre e fa “un appello a tutti i sindaci, quello di portare avanti una battaglia perché sulla protezione civile sia fatta maggiore chiarezza. Occorre investire di più certamente, ma serve anche fare maggiore chiarezza: non basta individuare un responsabile della Protezione civile ma deve essere chiara la catena di comando e comprendere i meccanismi per cui si inceppano anche i piani migliori perché Genova aveva un grande piano di emergenza”.

Ma “purtroppo da questi processi non si impara si muore e si muore dentro, ma non si impara“.

A chi le chiede se qualcosa è migliorato da allora risponde: “La macchina funzionava anche allora, quello che è cambiato è che i sindaci oggi sono meglio tutelati perché certi meccanismi sono migliorati e a seconda del tipo di allerta ci sono cose che vanno fatte o non fatte. Quello che bisogna migliorare ha a che fare con la cultura generale della prevenzione e su questo bisogna fare moltissime cose nessuna delle quali è stata individuata in questo processo”.

Per contestare la condanna definitiva l’ex sindaco ha presentato ricorso alla corte europea dei diritti umani di Strasburgo “anche se i tempi sono lunghissimi spero che individui l’incoerenza di alcuni aspetti processuali Non per me perché ormai le cose sono fatte ma per gli altri, perché si possa evitare di percorrere strade come questa, di sofferenze così lunghe e soprattutto senza un esito dal quale si possa trarre capacità di conoscenza e di miglioramento”.

Dopo Vincenzi, nelle prossime settimana presenteranno richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali anche gli altri imputati condannati a pene superiori a 3 anni: si tratta dell’allora dirigente comunale Gianfranco Delponte e dell’ex assessore Francesco Scidone a tre anni, quattro mesi e 15 giorni. Per Scidone, difeso dall’avvocato Andrea Testasecca, l’udienza è fissata il 23 settembre.

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