Debutta oggi “La rubrica del camallo”, a cura dell’associazione culturale “Due Zaini e Un Camallo” di Luca Riolfo e Valentina Staricco. Una rubrica volta alla promozione e alla riscoperta del patrimonio naturale e culturale della nostra regione, la Liguria. Seguici su instagram @_duezainieuncamallo_.
Partenza dal parcheggio di Monte Carmelo
Sviluppo: 10 Km
Durata: 3,20 ore (+ 1,30 ore per visita al chiosto e orti)
Dislivello: 440 mt
Difficoltà: EE
Siamo nel comprensorio Loanese, più precisamente in borgata “Castello”, facilmente identificabile dall’imponente costruzione che sovrasta la collinetta.
Il palazzo rinascimentale (attualmente in vendita) risale al XII secolo ed è visitabile nelle giornate del FAI, tipicamente in primavera e in autunno.
Lasciamo l’auto nel piazzale proprio davanti al convento di Monte Carmelo, dell’ordine dei carmelitani scalzi.
Il plesso è stato dichiarato monumento nazionale e merita sicuramente una visita. Noi l’abbiamo fatto in anteprima per voi e ve lo racconteremo in calce all’escursione!
Percorriamo il ponte che collega la chiesa al piccolo borgo e acquistiamo la solita focaccia nella storica panetteria che è sita all’angolo con viale della Rimembranza. Cattura il nostro particolare interesse il ponte romano che traversa il fiume Nimbalto.
Ci addentriamo nella borgata e, giunti nella piazzetta principale, prendiamo la sinistra dove una strada a gradoni ci permette di costeggiare gran parte della tenuta del castello, offrendoci, di tanto in tanto, degli scorci interessanti sulla facciata del palazzo. La strada è stretta, attorniata da alti muri in pietra.
Percorriamo questa asfaltata senza seguire nessun tipo di segnaletica, mantenendo sempre la destra, aiutati dal nostro fedelissimo GPS.
Raggiungiamo via Piste e seguiamo le indicazioni per il cimitero Berbene.
Davanti a noi troviamo, nel giro di 10 minuti, un bivio che, sulla destra conduce al cimitero mentre, a sinistra, su via dei Pusetti.
Prendiamo la sinistra e continuiamo sull’asfaltata in salita che si fa via via più ripida sino a sfociare su di una sterrata un po’sconnessa.
Siamo giunti ora ai piedi della Scala Santa che vediamo inerpicarsi sino alla cima del monte Ciazze Secche. Il nostro primo obiettivo è proprio quello.
Il sentiero è molto sdrucciolevole nel primo tratto, per poi diventare un susseguirsi di roccioni da sormontare per raggiungere quota 428 m.
Facciamo alcune soste prima di arrivare alla cima; ad ogni pausa vale la pena voltarsi e ammirare il panorama su Loano. Nessun’altro posto nei dintorni ce ne può regalare uno anche lontanamente simile.
Raggiunta la sommità prendiamo la sinistra direzione Verzi, per compiere un anello che ci porterà nuovamente ai piedi della Scala Santa.
La nostra direzione varia quindi dal seguire il Nord-Ovest per volgere a Nord-Est Scendiamo lievemente di quota, sino a raggiungere i 300 m dove, un altro bivio, ci obbligherà a prendere la sinistra percorrendo un tratto immerso nel bosco. Scorgiamo la chiesa di Verzi e l’abitato della frazione e continuiamo il nostro percorso su di un costone ombreggiato dove l’acqua ha prepotentemente segnato il sentiero. In una mezz’ora sbuchiamo proprio dove abbiamo cominciato la nostra scalata chiudendo così il primo anello segnato nella piantina.
Riprendiamo via dei Pusetti e torniamo alle indicazioni che ci portano, su asfalto, sino all’entrata del cimitero secondario del paese. Proprio dietro alla fermata del bus, ecco un piccolo sentiero nascosto tra l’erba alta. Un cancello prima e uno poco dopo, sembrano sbarrare la strada, ma è possibile aggirarli con facilità.
Torna lo sterrato.
Incontriamo un paio di case di recente costruzione e, mantenendo la destra, finiamo su via Costino Monte Carmelo, che ci riporta davanti al convento.
Qui ad accoglierci troviamo padre Lorenzo, dell’ordine dei Carmelitani Scalzi, giovane e con tanta voglia di raccontarci la sua quotidianità all’interno delle imponenti mura del convento.
La nostra visita ha inizio dall’ accesso posto alla destra del portone principale dove il “citofono” è ancora un antico tirante che manovra una campanella di ottone. Una targa mette in evidenza l’appartenenza del complesso all’albo dei Monumenti Nazionali, risalente al 1609. Il convento fa parte di un lascito da parte della famiglia Doria, Principi di Loano, che ne furono proprietari per alcuni secoli. Tra l’ottocento e il novecento fu una casa di noviziato mentre attualmente è adibita principalmente a luogo di preghiera. Vantando al suo interno un orto, vari terrazzamenti, un vigneto e un piccolo oliveto si è costituita l’omonima azienda agricola, principale redditto di sussitenza per la comunità di frati che ivi dimorano, 5 per l’esattezza.
Padre Lorenzo ci esorta ad entrare per godere della frescura sotto i portici che racchiudono il magnifico chiostro. Un giardino abbondante di fiori, erbe aromatiche, alberi e piante grasse che invitano l’ospite a trovar pace.
Padre Lorenzo ha una voce pacata e un sorriso buono, il profumo della limoncina e la vista sul rigoglioso giardino ci fanno dimenticare di essere in una località turistica nel periodo più affollato.
Il piano terra, dalla disposizione a ferro di cavallo, è luogo di ritrovo ed il chiostro è la parte centrale ove si snoda la vita monastica. Ci troviamo circondati da colonne in pietra di Verezzi le cui arcate sorreggono un camminamento interno che conduce alle cellette dei frati. Alzando gli occhi verso il cupolone, scorgiamo su tre lati del convento, nord, ovest ed est, tre bellissime meridiane, volte ad indicare l’ora a seconda di dove volge il sole. (Mattino, pomeriggio e sera).
Al centro del giardino, a completare la perfetta la geometria del luogo, troviamo una fonte ottagonale. Tipica dell’era romanica della quale fa parte, la troviamo colma d’acqua e di ninfee bianche in fiore, al centro svetta una pietra calcarea, probabilmente piedistallo di immagini votive.
Ci dirigiamo ora verso sud, oltrepassando la fontana, percorriamo il viottolo attorniato da diverse varietà di fiori e varcato un secondo portone ecco davanti a noi, l’orto.
Frutto della dedizione da parte di due monaci ottantenni, rimaniamo meravigliati dalla varietà delle colture che sono dislocate in quattro quadranti, divisi a due a due a seconda delle mansioni e le preferenze dei monaci stessi. C’è che predilige zucche, carciofi e alberi da frutto e chi invece si dedica agli agrumi, piante orticole ed erbe aromatiche.
I frutti del loro prezioso lavoro verranno poi trasformati in confetture, saponi, olii essenziali e creme.
Addentrandoci all’interno dell’orto seguiamo il camminamento sotto le magnifiche topie cariche di innumerevoli grappoli di diverse varietà di uva per le quali padre Lorenzo ci indica gli usi principali.
Continuiamo la nostra visita attraversando un altro terreno di compendio del monastero che in tutto vanta appezzamenti per quasi 3500 metri quadri. In questa parte ammiriamo la dedizione centenaria alla coltura dell’ulivo e alla vite, dalla quale viene prodotto un ottimo vermentino ligure, fantastico da abbinare ai piatti della nostra tradizione. Alcune galline razzolano nel recinto mentre il gallo comunica a gran voce la nostra presenza.
La prospettiva che abbiamo da questa angolazione vede da una parte la navata ovest della chiesa e dall’altra la vetta imponente del Monte Carmo. Padre Lorenzo ci accompagna ancora tra alcuni casotti dedicati al rimessaggio dei mezzi di lavoro usati in campagna da una cooperativa che li aiuta per i lavori ageicoli più faticosi e nel frattempo ci racconta la sua storia. Una vocazione, la sua, nata da bambino, quando alla tenera età di 10 anni, ammirando la felicità negli occhi del parroco del suo quartiere, decide di seguirne le orme e “vivere felice anche io come lui”. Siamo stupiti e davvero commossi, raramente capita di conoscere anime così chiare e pure negli intenti. Cresciuto nella periferia di Milano, passa l’adolescenza ad Arenzano per giungere, due anni or sono, nella realtà loanese. Il suo racconto ci accompagna fin ai piani alti del convento dove ci mostra una chicca legata ai signori del tempo. La partecipazione alla messa da parte dei reali, ci svela, avveniva mediante una finestra interna che si affaccia direttamente sull’altare, un modo unico e riservato per non interagire con il popolo e dove aspettare il parroco anche per prendere la comunione.
La scalinata prosegue ancora di un piano e attraverso una veranda si esce fuori su di un terrazzo molto ampio che ci fa godere di una vista a 360° sul golfo ligure da una parte, sul castello Doria (visitabile nelle giornate organizzate dal FAI) e sulle montagne retrostanti.
La nostra visita si conclude presso il negozio “Gli Orti del Carmelo” dove potrete trovare tutto quello che i monaci producono qui e nel convento di Arenzano. Alcuni articoli sono sapientemente confezionati e lavorati da aziende specializzate del settore che valorizzano tutta la qualità delle materie prime e la passione che i carmelitani trasmettono.
“La rubrica del camallo” è a cura dell’associazione culturale “Due Zaini e Un Camallo” di Luca Riolfo e Valentina Staricco, volta alla promozione e alla riscoperta del patrimonio naturale e culturale della nostra regione, la Liguria. Seguici su instagram @_duezainieuncamallo_: clicca qui per leggere tutti gli articoli.