Roma. È stata rinviata al prossimo 7 ottobre l’udienza in Cassazione per la morte della studentessa genovese Martina Rossi per la quale, nel processo d’appello bis, sono stati condannati a 3 anni di reclusione per tentata violenza sessuale di gruppo due giovani toscani, Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni. Lo ha deciso la sezione feriale accogliendo l’istanza della difesa. L’udienza di ottobre si terrà davanti alla quarta sezione penale. Il reato in base a quanto si è appreso non sarà prescritto prima del 16 ottobre.
Per i difensori il processo doveva essere trattato dalla sezione ordinaria competente, la quarta penale, dal momento che il termine di prescrizione non è imminente e quindi non ci sarebbe stato motivo di assegnare il processo alla sezione feriale, quella riunita oggi. I giudici del collegio feriale si sono ritirati per decidere quale fosse il termine di prescrizione e alla fine hanno accolto la richiesta degli avvocati.
“Mi sento come una mamma alla quale hanno causato la morte della figlia. Mi sento così tutti i giorni da dieci anni. E anche impotente. Mi aspetto giustizia. Certo che la giustizia non potrà che darci questi tre anni“: lo ha detto ai cronisti davanti alle telecamere prima di entrare in Cassazione Franca Murialdo, la mamma di Martina Rossi, riferendosi alla condanna già pronunciata in appello.
Secondo l’accusa Martina è precipitata dalla camera di un albergo di Palma di Maiorca, dove era in vacanza con amiche, per sfuggire all’aggressione dei due ragazzi. “Di tutto quello che e’ successo dopo dieci anni, sono rimasti questi tre anni. Io credo che la colpa non è quella, ma almeno abbiano da trasportare la responsabilità di quello che hanno fatto. Se avranno dei figli, se avranno delle mogli, devono capire che cosa significa per un papà e una mamma stare dieci anni a tribolare. È una vita – ha detto Bruno Rossi, il padre di Martina entrando in Cassazione – e poi non solo solo 10 anni. Di fronte alla morte e all’omicidio non c’è prescrizione, né tecnicismi. Non sono partite di pallone questi processi, bisogna arrivare a capire di più e alla mamma e al papà occorre dire che cosa è successo, perché Martina non c’è più, e loro ci sono e trionfano, trionfano”.
“Il reato si è clamorosamente prescritto il 20 agosto, se si calcola il periodo Covid si è prescritto. Se invece il periodo Covid non deve essere considerato, il reato si prescrive tra il 18 e il 20 ottobre prossimo” con la conseguenza della “incompetenza della sezione feriale”, ha detto Tiberio Baroni, difensore di Albertoni, prima di entrare in Cassazione.
“Gli elementi indiziari che il processo ha faticosamente acquisito” sono “tutti convergenti nell’affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che Martina Rossi la mattina del 3 agosto 2011 precipitò dalla camera 609 dell’albergo Santa Ana di Palma di Maiorca nel disperato tentativo di sottrarsi a una aggressione a sfondo sessuale posta in essere in suo danno da entrambi gli imputati”, sottolineano le motivazioni della sentenza dell’ appello bis della Corte di Appello di Firenze dello scorso 28 aprile.
“La cosa più vergognosa è stato il modus operandi della magistratura spagnola – secondo l’avvocato Luca Fanfani, difensore dei familiari di Martina – che ha liquidato il caso e che dire della polizia che non ha neppure sequestrato la camera dalla quale Martina precipitò?”.
In primo grado il Tribunale di Arezzo aveva condannato Albertoni e Vanneschi a 6 anni per tentata violenza sessuale di gruppo e morte in conseguenza di altro reato, accusa poi prescritta. In appello, il 9 giugno 2020, i due imputati di Castiglion Fibocchi (Arezzo) sono stati assolti. Lo scorso gennaio la Cassazione, accogliendo il ricorso della Procura generale di Firenze, ha annullato l’assoluzione e disposto l’appello bis.