Genova. Gli esercenti non saranno obbligati a chiedere un documento di identità per verificare che il green pass appartenga davvero a chi lo mostra, ma potranno farlo nei casi in cui traspaia una “palese falsità”. È quanto chiarisce una circolare del Viminale arrivata in serata dopo il caos generato dalle parole della ministra Lamorgese, che aveva escluso del tutto la possibilità di un controllo diretto da parte dei gestori delle attività, smentite poi dell’Autorità garante della privacy.
Controllare il possesso e la validità del green pass “è un vero e proprio obbligo“. Invece “la verifica dell’identità della persona in possesso della certificazione verde ha natura discrezionale ed è rivolta a garantire il legittimo possesso della certificazione medesima. Tale verifica si renderà comunque necessaria nei casi di abuso o elusione delle norme, come ad esempio quando appaia manifesta l’incongruenza con i dati anagrafici contenuti nella certificazione – si legge nella circolare -. Nelle suindicate fattispecie l’avventore è tenuto all’esibizione del documento di identità“.
In caso non si accerti la corrispondenza tra il certificato e l’identità del possessore, “la sanzione risulterà applicabile nei confronti del solo avventore, laddove non siano riscontrabili palesi responsabilità anche a carico dell’esercente”, chiarisce la circolare. Riguardo agli eventi sportivi e agli spettacoli, nel documento viene anche precisato che, oltre ai pubblici ufficiali, saranno anche gli steward e i gestori delle strutture a poter controllare i pass.
Per il Viminale c’è “assoluta necessità che venga posta la massima attenzione nelle attività di verifica e controllo circa l’impiego effettivo” delle certificazioni verdi, “anche con specifico riferimento alle aree maggiormente interessate alla presenza di attività sottoposte a verifica”, dai ristoranti ai luoghi di eventi sportivi o spettacoli. Riguardo ai controlli viene chiesta una “apposita programmazione in sede di comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, nonché nelle discendenti pianificazioni di carattere operativo ad opera dei questori”.
I ristoratori sottolineano: “Ci auguriamo che la nostra ‘richiesta’ della carta di identità avvenga soltanto laddove si ravvisi una palese contraffazione del certificato. E in quel caso, se il cliente si rifiuta di esibire il documento, chiameremmo le forze dell’ordine. Non possiamo sostituirci a un pubblico ufficiale“, avverte il direttore generale della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) di Confcommercio, Roberto Calugi.