Tensione

Marassi, scoppia la protesta in carcere: pentole e stoviglie contro le sbarre svegliano la città

Oltre un'ora di 'battitura' per comunicare al mondo il disagio che si sta vivendo dentro le mura della prigione

carcere marassi

Genova. Una lunga battitura sulle sbarre delle celle e delle finestre per comunicare “al mondo” il loro messaggio di disagio e insofferenza: questa è stata la protesta andata in scena questa notte presso il carcere di Marassi a mezzanotte e durata diverse decine di minuti.

La protesta avrebbe coinvolto tutte le sezioni del carcere con centinaia di detenuti a battere stoviglie e pentolame alle grate e alle porte delle celle per più di un’ora, tenendo mezzo quartiere e mettendo in allerta la polizia penitenziaria, che dopo i fatti di Santa Maria Capua Vetere, temevano forse in una escalation preoccupante.

“Il clima è sempre più pesante e pericoloso – spiega Fabio Pagani, segretario regionale della Uil Pa Penitenziari – ma da quanto appreso dal personale di Polizia Penitenziaria in servizio durante il turno di notte , sembra che i detenuti del carcere di Marassi, abbiano protestato contro l’attuale Direzione dell’istituto“.

Nei mesi della pandemia anche a Genova i detenuti avevano protestato in alcune occasioni sempre con battiture e con l’incendio di lenzuola per attirare l’attenzione della popolazione sulla condizione all’interno del carcere di Marassi che, come molti altre strutture simili, vive un cronico sovraffollamento con condizioni sempre più precarie per i detenuti e non solo.

“In questi giorni si parla molto di carcere – sottolinea Pagani – ma ancora una volta temiamo che lo si faccia in modo sbagliato, più per una contesa politica e mirando, magari, a modificare gli equilibri interni alla maggioranza di governo e alla prossima campagna elettorale, piuttosto che all’organica risoluzione dei problemi che attanagliano l’esecuzione penale del nostro Paese. A Santa Maria Capua Vetere sono stati commessi errori gravissimi, che vanno indagati sino in fondo e perseguiti. Chi ha sbagliato deve assumersene ogni responsabilità, pure per i rischi a cui sta esponendo le 37mila donne e uomini della Polizia Penitenziaria”.

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