Risposta e proposte

Cinghiali, animalisti contro gli abbattimenti: “Così Coldiretti non tutela né chi lavora in campagna né i cittadini”

Tra le proposte quella migliorare la gestione del ciclo dei rifiuti al fine di prevenire l'avvicinarsi ai centri urbani

cinghiali bisagno
Foto d'archivio

Genova. Dopo la manifestazione di questa mattina in piazza De Ferrari a Genova, in cui Coldiretti ha protestato contro “l’invasione di cinghiali”, non si è fatta di certo aspettare la risposta da parte del gruppo di Animalisti genovesi.

In una nota infatti affermano che “Coldiretti è scesa in piazza per ribadire quello che ha sempre voluto ottenere. Non strumenti efficaci per proteggere il proprio lavoro. Non contributi per la prevenzione e difesa dei terreni. Quello che gli interessa è solo “abbattere direttamente i cinghiali che si trovassero sui loro terreni“.

E continuano spiegando: “Alla faccia dei tantissimi studi che dimostrano come un maggior numero di abbattimenti non diminuisca affatto il numero della popolazione presente e non influisca sulla quantità di danni subiti. Lo scrive nero su bianco anche la Regione Liguria negli studi propedeutici al piano faunistico venatorio:

“I problemi legati alla presenza dei cinghiali spesso vengono associati alla loro abbondanza: nella nostra regione non esiste invece correlazione diretta tra danni e conflitti e numerosità della specie, perlomeno per quello che riguarda le riduzioni di densità che potrebbero essere prodotte con azioni di controllo diretto e tantomeno con l’attività venatoria, che in questi ultimi trent’anni si è dimostrata completamente inefficace per produrre sensibili riduzioni di densità. Il cinghiale è una specie molto prolifica che reagisce alla minima riduzione di densità con un esplosivo successo riproduttivo che restaura in maniera veloce le condizioni preesistenti al prelievo”.

Il gruppo Animalisti genovesi continua ancora affermando che: “le richieste della Coldiretti non tutelano quindi né chi lavora in campagna né i cittadini. Fanno solo gli interessi di quella parte del mondo agricolo che si tiene ben stretta la licenza di caccia, e non aspetta altro che poterla usare 365 giorni all’anno.

È surreale che chi è stato corresponsabile del problema, a causa di massicci ripopolamenti e introduzioni a fini venatori da metà del secolo scorso, sia sempre visto come l’unico in grado di risolverlo, cosa che in realtà non ha alcun interesse a fare (perderebbe gran parte del proprio giro di affari legato alla selvaggina)”.

Proposte degli Animalisti genovesi

– proteggere i terreni coltivati con difese adeguate (reti elettrosaldate o pastori elettrici)
– prevenire l’avvicinarsi ai centri urbani con una migliore gestione del ciclo dei rifiuti (differenziata, porta a porta, ecc)
– impedire che vengano rovesciati i cassonetti utilizzando modelli adatti
– installare recinzioni nei luoghi di avvicinamento alle città (uno dei massimi esperti in questo senso è il professor Marsan dell’Università di Genova)
– creazione di zone cuscinetto intorno ai centri urbani dove sia totalmente vietata la caccia (le “free shot-fire zone” proposte dal professor Mazzatenta), per evitare che gli ungulati fuggano dagli spari cercando riparo in città
– corridoi ecologici in strade e autostrade per evitare pericolosi attraversamenti
– dissuasori e segnalatori visivo/acustici nelle strade secondarie (vedi progetti Life Strade e Life Safe Crossing, con risultati estremamente efficaci)

Infine gli Animalisti chiudono dicendo che “la caccia destruttura i branchi e spinge all’aumento della prolificità. Finora è stata l’unica risposta a un problema creato (anche) dalle esigenze venatorie. I risultati sono sotto gli occhi di tutti”.

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