Genova. Slitta ancora l’accordo sul green pass obbligatorio che dovrebbe scattare da lunedì o da inizio agosto. Regioni e Governo non hanno ancora trovato l’intesa, ma nemmeno la maggioranza al suo interno: sia la cabina di regia politica sia la Stato-Regioni sono state posticipate, anche se viene confermato che ci sarà il Consiglio dei ministri nelle prossime ore per approvare il nuovo decreto.
Le Regioni messo nero su bianco la loro richiesta: utilizzare il green pass solo “per permettere in sicurezza la ripresa di attività fino ad oggi non consentite o limitate”: eventi sportivi, concerti, discoteche, fiere e congressi. Dunque niente ristoranti, cinema, teatri, palestre, piscine, o almeno non in zona bianca.
In sostanza, se dovesse essere accolta questa proposta, il green pass per andare al ristorante scatterebbe solo dalla zona gialla in su. “Quando un’attività dovrebbe essere chiusa in ragione delle misure di contenimento del Covid, come una palestra, un ristorante, cerimonie e fiere, quell’attività resta aperta ma usufruibile con green pass”, spiega il presidente ligure Giovanni Toti a Radio24. “In pratica sostituire il tema delle chiusure con il green pass”, aggiunge il governatore.
“L’alternativa – ha rimarcato Toti, bersaglio di minacce e insulti sui social nelle scorse ore – non è tra il green pass e la libertà assoluta dei cittadini, ma tra il green pass e la chiusura in casa dei cittadini. È vero che esiste un diritto alla libertà, ma la mia libertà finisce dove comincia quella altrui. Non si può costringere un vaccinato a tornare ai tempi dure del lockdown“.
Posizione, quella delle Regioni, che Matteo Salvini appoggia: è una “proposta assolutamente equilibrata – dice il leader della Lega – se applicassimo il green pass da domani mattina come vuole qualche ultrà significherebbe impedire il lavoro, il diritto alla salute, il diritto allo studio, allo spostamento e alla vita ad almeno la metà della popolazione italiana”.
All’opposto c’è chi, come il ministro della Salute Roberto Speranza ed altri nella maggioranza, spinge per un uso ‘estensivo’ dei certificati. “L’obiettivo – spiega una fonte di governo – è avere un impianto solido che permetta una convivenza con la circolazione del virus in condizioni di sicurezza. Non si può chiedere un allentamento dei parametri e un utilizzo del green pass limitato e in tempi non ragionevoli”. Il certificato, dice il leader Dem Enrico Letta, “è essenziale” e serve un’applicazione “intelligente e scrupolosa, per essere tutti più liberi”.
Palazzo Chigi è in ogni caso orientato per un intervento immediato e deciso, mantenendo una certa gradualità nelle scelte: in sostanza, si lascerà il tempo di vaccinarsi a chi ancora non lo ha fatto, almeno con la prima dose, e contestualmente verranno fissate date certe e paletti chiari per l’utilizzo del pass il cui scopo, viene ribadito, è proprio quello di evitare chiusure che potrebbero scattare già nelle prossime settimane.
L’ipotesi che si sta facendo strada è dunque quella di partire da subito con l’obbligo del pass per tutta una serie di attività non essenziali e da settembre estenderlo a quelle essenziali. Già dalla settimana prossima o al più tardi all’inizio d’agosto per sedersi nei bar e nei ristoranti al chiuso potrebbe essere necessario avere il pass, ottenibile in questa prima fase con una sola dose (o con il certificato di guarigione o il tampone negativo), mentre nessun obbligo ci sarà per prendere il caffè al bancone. Le due dosi saranno invece necessarie per entrare in discoteca o per prendere treni, aerei e navi a lunga percorrenza.
Si discute anche sui parametri del monitoraggio. “È evidente a tutti, ma credo sia d’accordo anche il Governo, che non possiamo chiudere attività se gli ospedali restano vuoti come sono ora, perché in questo momento sta crescendo contagio un po’ ovunque ma la proiezione ospedaliera resta molto bassa anche nella mia regione: quello dev’essere primo parametro – dice Toti -. Su questo ritengo vi sia accordo col Governo anche se poi si discute sul numero dei ricoverati che devono far scattare misure di qualche genere”.
Al momento lo scenario sarebbe questo: si resta in zona bianca se l’occupazione delle terapie intensive non supera il 20% dei posti letto a disposizione e se quella dei reparti ordinari non supera il 30%. Questa è la proposta della Conferenza delle Regioni al governo in vista della revisione dei parametri del monitoraggio “in un’ottica – dice il presidente Massimiliano Fedriga – di collaborazione istituzionale”.