Genova. “Sono passati vent’anni e ancora non sono arrivate scuse. Questo significa che la polizia italiana accetta di essere associata a un episodio come questo di violazione dei corpi e della legalità costituzionale”.
A parlare per tutti è Lorenzo Guadagnucci, giornalista, tra i fondatori del comitato Verità e giustizia per Genova, e soprattutto una delle vittime dell’irruzione alla scuola Diaz la sera del 21 luglio 2001, quando sembrava che le violenze del G8 di Genova fossero ormai esaurite. Ieri sera molti di loro sono tornati per la prima volta all’interno di quell’edificio in via Cesare Battisti, lontano dalle telecamere e dagli sguardi indiscreti, per fare pace col passato e cercare di chiudere una pagina dolorosa. Che tuttavia non si è mai chiusa davvero.
“Questa vicenda non è chiusa e lascia un’eredità pesante che può condizionare i rapporti tra cittadinanza, polizia e istituzioni – prosegue Guadagnucci -. Ho la sensazione che si stia sottovalutando la gravità di quello che è accaduto e la gravità del fatto di non avere rimediato sul serio. Questo luogo è entrato a tutti gli effetti nella storia d’Italia. Ha creato un precedente”. C’è ancora tempo per le scuse? “Il tempo per le scuse non finisce mai se sono sincere e accompagnate da provvedimenti adeguati”.
La serata, organizzata dalla rete Genova 2001 – Vent’anni dopo, si è svolta all’esterno della scuola tra riflessioni, testimonianze e interventi musicali con la cantautrice ligure Giua che ha chiuso con “Bella Ciao”. La Diaz era il media center del Genoa Social Forum, concesso allo scopo dal Comune e dalla Provincia di Genova, e all’interno c’erano numerosi giornalisti e reporter oltre che semplici attivisti.
La spedizione di polizia e carabinieri si concluse con 93 attivisti fermati e 61 feriti, dei quali tre in prognosi riservata e uno in coma. Il vicequestore Michelangelo Fournier, tra i coordinatori dell’operazione, la definirà poi una “macelleria messicana”, pur addossando la responsabilità ad altri poliziotti. In seguito si accerterà che le forze dell’ordine avevano introdotto di proposito alcune molotov, in realtà ritrovate per strada durante gli scontri nel pomeriggio, per giustificare le violenze. Amnesty International la definì “la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”.
Per i fatti della scuola Diaz la Cassazione ha confermato condanne ai vertici della catena di comando delle forze dell’ordine a Genova con pene comprese tra 4 anni e 3 anni e 6 mesi, complice l’intervenuta prescrizione per le lesioni contestate, condanne che in nessun caso hanno comportato pene detentive.