Lettera al direttore

Kafkiano

Odissea vaccinale per un lavoratore in smart working: “Mio marito non esiste per il sistema sanitario regionale”

Genovese e residente a Roma ma rientrato a casa da marzo 2020, non riesce a prenotare la propria dose né a iscriversi all'anagrafe sanitaria temporanea

google, telefono

Genova. Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Marina R., una genovese che racconta la vicenda in cui si stanno trovando lei e il marito. Da settimane tentano di mettersi in contatto con Alisa e Asl per prenotare il vaccino dell’uomo – residente a Roma ma da marzo 2020 a Genova in smart working – e nonostante sia contemplata la vaccinazione delle persone temporaneamente presenti, il cittadino non ha ancora avuto indicazione chiare per riuscire a prenotare le sue dosi.

“Buongiorno, vorrei sottoporre alla Vs attenzione la vicenda (dai connotati kafkiani) che sta vivendo mio marito. Ecco i fatti. Mio marito ha sempre avuto la residenza a Roma in cui viveva in epoca pre-Covid per motivi di lavoro: dal lunedì al venerdì a Roma, pendolare su Genova nel fine settimana per ricongiungersi ai suoi affetti. Con la pandemia, mio marito è in smart working a Genova da marzo 2020. Ed ecco la trama farsi interessante.

All’apertura della campagna vaccinale per la sua fascia di età ai primi di maggio, mio marito ha scoperto di non potersi prenotare in Liguria, salvo iscriversi all’anagrafe sanitaria ligure. E’ qui che la vicenda assume toni kafkiani. Abbiamo seguito pedissequamente le istruzioni sul sito di Alisa. Chiamato un primo numero verde che ci rimanda ad un indirizzo mail e ad un altro numero di telefono.

Scritto al primo e telefonato al secondo. Alla mail rispondono dopo due settimane. Il recapito telefonico suona a vuoto. La mail ci suggerisce di inviare una documentazione precisa: domanda di cambio medico di base firmata dal medico di Genova che accetterebbe mio marito come paziente + tessera sanitaria + autocertificazione comprovante lo stato di fuori regione. Fatto. Inviamo tutto.

Altre due settimane di attesa e ci rispondono “se la residenza è a Roma, la tessera va richiesta nella regione di residenza”. Stiamo ancora cercando di capire cosa questo significhi e soprattutto la pertinenza con quanto da noi richiesto. Proviamo a telefonare al numero di due distretti sanitari diversi, indicati come riferimento per l’iscrizione temporanea all’anagrafe sanitaria, con la speranza che qualcuno ci risponda, ahimè invano. Riproviamo con il numero di telefono delle prenotazioni della seduta vaccinale.

L’operatrice, molto gentile e sollecita, ci informa che non c’è alcuna pratica aperta a nome di mio marito, il che significa (ma lo avevamo già intuito) che non c’è traccia di mio marito nel sistema sanitario regionale. Proviamo la strada delle prenotazioni tramite CUP e tramite farmacie, spiegando che siamo in grado di produrre la documentazione attestante la permanenza stabile di mio marito nella regione. Ci dicono che non è possibile.

L’unica strada percorribile, al momento, per poter ottenere il vaccino è prenotarsi a Roma, sobbarcandosi due viaggi da 1000 km A/R l’uno. Forse sembrerò esagerata, ma la situazione a mio parere ha del grottesco. Quello che più mi (ci) urta è questa sorta di procedere a tentoni, con numeri ad hoc che non rispondono, mail di risposta assolutamente de-contestualizzate e la totale assenza di un responsabile unico di servizio a cui rivolgersi per avere risposte.

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