Le indagini

Camilla dimessa dall’ospedale di Lavagna con le piastrine basse: dubbi dei pm sull’assenza di una terapia

Mentre si attendono i dettagli relativi all'autopsia gli investigatori studiano le linee guida di Aifa per capire se furono applicate nell'ospedale del levante

camilla vaccino

Genova. Quando Camilla Canepa, venerdì 4 giugno si è recata per la prima volta all’ospedale di Lavagna con forte mal di testa e fotofobia, i sanitari all’esito dell’emocromo hanno rilevato un numero di piastrine inferiore al normale. Hanno chiesto a Camilla se soffrisse di piastrinopenia o se qualcuno in famiglia ne soffrisse e lei ha nominato uno zio.

Potrebbe essere questo ad aver indotto i medici a scrivere sulla cartella clinica “piastrinopenia immune famigliare”. E viene dimessa dall’ospedale dopo una tac senza contrasto e una notte in osservazione, ancora con le piastrine basse.

Un particolare che fa pensare agli investigatori dei Nas, coordinati dai pm Francesca Rombolà e Stefano Puppo insieme all’aggiunto Francesco Pinto, che i medici non le somministrarono alcuna terapia come invece previsto dai protocolli mentre dalle linee guida dell’Aifa, l’agenzia del farmaco italiano, pubblicate il 26 maggio, emerge che in caso di piastrinopenia dopo il vaccino i pazienti debbano essere trattati con immunoglobine e steroidi. Anche se, precisa l’Aifa circa i trattamenti terapeutici “l’incompleta conoscenza dei meccanismi patogenetici permette di esprimere solo dei suggerimenti, in buona parte derivati dall’esperienza generale e non validati in questa situazione specifica”.

II documento di 11 pagine pubblicato il 26 maggio sul sito dell’agenzia italiana del farmaco e intitolato “Complicanze tromboemboliche post-vaccinazione anti-COVID-19 con Vaxzevria (ChAdOx1 nCov-19, AstraZeneca) o con COVID-19 Vaccine Janssen (Ad.26. COV2.S, Johnson & Johnson)” elenca fra l’altro i sintomi sentinella di una possibile trombosi del seno cavernoso, gli approfondimenti clinici da effettuare e le terapie da somministrare per prevenire le conseguenze più gravi. “In circa 9 casi su 10 le trombosi dei seni venosi cerebrali – si legge nel documento – si presentano con cefalea di particolare intensità, che in genere i pazienti riferiscono come “mai provata prima”. Tra gli altri sintomi vengono indicati nausea e vomito, fotofobia, diplopia, calo della vista fino alla perdita di coscienza

Il principale accertamento clinico da eseguire in casi sospetti è la tac con contrasto: “Nel sospetto di trombosi dei seni venosi cerebrali l’esame di prima scelta oggi è l’angio-TC cerebrale – dicono le linee guida – indicando al medico neuroradiologo il sospetto clinico così da poter studiare correttamente con il mezzo di contrasto i distretti venosi”.

In questi giorni il medico legale Luca Tajana e l’ematologo Franco Piovella stanno verificando dalla documentazione medica acquisita se siano state rispettate tutte le linee guida pubblicate da Aifa ed Ema.

La settimana prossima, in base a quanto emergerà, i pm decideranno se e quali medici sentire come persone informate di fatti.

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