Assi di forza

Bus elettrici anziché filobus, ecco come funzioneranno: obiettivo primo cantiere nel 2021

Il cambio di tecnologia consentirà di risparmiare 30 milioni, ma manca ancora l'ok del Mims. L'associazione MobìGe e Legambiente presentano ricorso al Tar

bus flash charging
Il bus flash charging TOSA sviluppato da ABB (foto ABB)

Genova. Dal ministero non è ancora arrivato il via libera, ma il Comune tira dritto verso l’obiettivo: accantonare il filobus e puntare tutto sui bus elettrici con tecnologia flash charging per i quattro assi di forza del trasporto pubblico genovese (più il quinto, quello della Valpolcevera, protagonista di un progetto parallelo). Un cambiamento in corsa che, secondo le stime, consentirà di risparmiare circa 30 milioni di interventi infrastrutturali all’interno del finanziamento complessivo da 147 milioni già approvato dall’allora Mit.

L’obiettivo è concludere le procedure di gara in autunno e partire col primo cantiere – presumibilmente quello della linea centrale da Marassi a Campi passando per via XX Settembre – entro la fine del 2021. È l’aggiornamento fornito ieri dall’assessore Matteo Campora durante la commissione consiliare sul tema: “Siamo in fase di progettazione definitiva – ha spiegato -. In questo momento è ancora in corso l’interlocuzione col ministero. C’è un’analisi costi benefici, i nostri uffici sono in rapporto costante col Mims, speriamo a breve di avere l’ok definitivo”.

Ma come funzionerebbe la nuova tecnologia? La principale differenza rispetto al filobus è che non sarebbe necessaria l’infrastruttura aerea. La ricarica dei bus elettrici avverrebbe in tre modi: in maniera ultraveloce in corrispondenza di alcune fermate attraverso un braccio automatico del bus che si collega per 20 secondi a un pantografo in grado di erogare 600 kW, ai capolinea per 4-5 minuti e in deposito per circa 30 minuti. Tra i vantaggi ci sarebbero l’azzeramento del rischio di folgorazione (il connettore aereo è alimentato solo quando il veicolo è collegato) e le batterie di dimensioni ridotte, collocabili sul tetto dei veicoli.

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Il sistema di ricarica sviluppato da ABB (foto ABB)

“Il sistema garantirebbe sempre livelli di batteria molto alti, superiori al 50% – spiega Alberto Bitossiproject manager per gli assi di forza – ma anche un beneficio in termini di risparmio, circa 30 milioni di euro, che potrebbe essere utilizzato in nuove tecnologie smart o per avere un numero superiore di mezzi. Una volta che avremo attrezzato un’area della città con la corsia protetta e avremo comprato i bus, la prima linea potrebbe entrare già in servizio e potremmo risparmiare molti mesi”.

La speranza di Tursi è quella di incassare il via libera in tempi utili per bandire la gara nei prossimi mesi. La prima domanda di finanziamento – all’inizio bocciata dal Mit e poi ammessa dopo una corposa integrazione – prevedeva i filobus perché i requisiti non contemplavano mezzi alternativi che non fossero metropolitana o tram. “Ma la tecnologia sta evolvendo in questa direzione“, assicura Bitossi. Il precedente da cavalcare è quello di Vicenza, dove era già stata bandita una gara per l’acquisto di 16 filobus e il ministero ha dato il via libera per convertirli in bus con tecnologia flash charging, come quelli su cui ora punta Genova.

Resta aperta anche la possibilità di acquistare veicoli da 24 metri, che però non sono ancora abilitati alla circolazione. Lo studio del Comune, che rimane lo stesso per quanto riguarda tracciati e programmi d’esercizio a parte qualche ritocco (il capolinea della linea del Ponente spostato da Pra’ a Voltri), si basa comunque su un parco rotabile di 145 mezzi da 18 metri per uno sviluppo complessivo della rete di 96 chilometri, di cui il 70% in sede riservata.

Su quest’ultimo punto Campora chiarisce che “è indubbio come questo elemento sia fondamentale perché permette la velocità del sistema”. Per proteggerli da sosta selvaggia e invasioni da parte di veicoli non autorizzati si pensa a nuove telecamere (come quelle già attive sulle corsie gialle attuali) o cordoli che separino fisicamente la corsia dal resto della carreggiata (un esempio è quello di corso Europa-corso Gastaldi nel tratto di San Martino).

L’altra grossa novità potrebbe riguardare la rimessa prevista in via delle Campanule a Quarto: il Comune sta valutando l’area dell’ex stadio Carlini, mentre vicino allo svincolo autostradale resterebbe il parcheggio di interscambio da 250 posti (ne abbiamo parlato qui).

Intanto l’associazione MobilitaGenova insieme a Legambiente ha presentato un ricorso al Tar contro l’assegnazione dei fondi da parte del ministero. “Non riteniamo che quel progetto sia valido per gli utenti e la città nel suo complesso – ha spiegato il presidente Vincenzo Cenzuales intervenuto tra gli auditi in commissione – perché porterà a un depotenziamento complessivo del trasporto pubblico. Lo studio trasportistico non regge. Il ministero ha evidenziato come 5 linee su 7 sarebbero già sature. Aumenterà l’indice di interscambio ma soprattutto l’indice di affollamento aumenterà del 15%. Il sistema si basa su rotture di carico non giustificate: in pratica si passerà da un bus pieno a un altro bus pieno. Con questo progetto il trasporto pubblico diventerà residuale e marginale”.

Critiche che il Comune rispedisce al mittente rispondendo che la valutazione positiva sul progetto è arrivata dai tecnici del ministero. Quello che potrebbe essere rivisto, tuttavia, è il piano d’esercizio che prevede il taglio di numerose linee collinari per attestarle il corrispondenza delle linee di forza ed evitare sovrapposizioni. Un’ipotesi di rivoluzione della rete che ha già scatenato opposizioni e comitati di quartiere (specie in Valbisagno).

Oltre ai quattro assi di forza il Comune di Genova ha chiesto finanziamenti su altri fronti: 248 milioni per lo Skytram, altrettanti per il collegamento Aeroporto-Erzelli, 74 milioni per portare la metropolitana a Rivarolo e completare le opere accessorie a Terralba, 63 milioni per la stazione di Corvetto e il tunnel pedonale, circa 400 per il prolungamento a Sampierdarena. Un pacchetto che cuba un miliardo di euro e che in parte potrebbe essere alimentato dal recovery fund.

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