Odissea

Ristorazione, in Liguria 513 imprese cessate per la pandemia: secondo Fipe -20% di fatturato nel 2021

Ristori insufficienti, misure penalizzanti, difficoltà nell’organizzare il lavoro. La nostra regione è quella che ha cambiato più volte colore: 19 volte

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Genova. In Liguria sono 12.257 le imprese attive nel settore della ristorazione (di cui 5.375 sono bar), il 3,7% di tutte le imprese registrate alle Camere di Commercio. Una fetta importante, anzi importantissima, dell’economia e che nel 2020, l’anno della pandemia, ha visto ridursi in maniera considerevole: sono 513 le cessazioni registrate con un 2021 che rischia di mostrare strascichi ancora più pesanti.

Sono alcuni dei dati emersi dal report annuale di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi che ha deciso di affiancare il suo tradizionale rapporto annuale sulla ristorazione, con una indagine sui prossimi mesi e le prospettive di ripartenza, realizzata in collaborazione con l’agenzia Bain & Company e TradeLab.

Il report restituisce in numeri e percentuali le impressioni già registrate: calo di fatturato generale, contrazione delle nuove aperture e aumento delle cessazioni con un saldo pesantemente negativo, insufficienza dei ristori e degli aiuti, difficoltà a organizzare il lavoro a causa delle chiusure e dei continui cambi di “colore”: basti pensare che la Liguria è la regione che ha cambiato fascia più volte, ben 19, nei 192 giorni regolati da questo tipo di sistema (con 13 giorni in rosso, 81 in arancione e 98 in giallo, sperando nel bianco dal 7 giugno)

I dati e i trend nazionali, secondo il presidente regionale di Fipe, Alessandro Cavo, sono del tutto sovrapponibili alla tendenza su scala regionale. “La percezione che abbiamo è di poter calare il dato nazionale parimenti in Liguria – osserva – le zone in cui la ristorazione ha avuto la crisi peggiore sono state quelle dei centri storici e delle aree dove hanno sede i centri direzionali e gli uffici a causa del lavoro da remoto”.

Nel report nazionale di Fipe si parla anche di prospettive future e per quanto riguarda la Liguria. “Le prenotazioni nelle zone turistiche e costiere stanno andando bene – continua Cavo – ma nelle aree non turistiche la crisi permarrà e continuerà a generare chiusure”. Un auspicio è anche quello che possano mantenersi, anche in futuro, le agevolazioni legate alla concessioni di dehors e spazi esterni: “Auspichiamo possano essere mantenuti anche dopo la crisi covid 19”, sottolinea il presidente regionale dell’associazione di categoria.

Purtroppo però il rapporto annuale sulla ristorazione in Italia per il 2020 appare come un bollettino di guerra: un anno di pandemia ha ridotto in macerie uno dei settori maggiormente dinamici e attivi dell’economia italiana, quello dei Pubblici esercizi. In 14 mesi sono stati bruciati il doppio dei posti di lavoro creati tra il 2013 e il 2019, l’incertezza è diventata il sentimento prevalente e lo dimostra la riduzione del 50% del numero di nuove attività avviate nell’anno.

Sono cambiati i consumi degli italiani: si mangia di più in casa, obbligatoriamente, ma la bilancia è in deficit. Cresce di 6 miliardi di euro la spesa alimentare tra le mura domestiche, ma crolla di 31 miliardi di euro quella in bar e ristoranti. Un trend che non sarà facile invertire, anche con le riaperture sarà necessaria una “rieducazione” al mangiar fuori.

Il 97,5% delle imprese ha registrato nel 2020 un calo di fatturato. Per oltre 6 ristoratori su 10 la riduzione ha superato il 50% del volume d’affari dell’anno precedente. Ed è duro il giudizio sui ristori: secondo una ricerca condotta Fipe-Format Research, per l’89,2% degli imprenditori, i sostegni sono stati inutili o poco efficaci.

L’84,3% degli imprenditori scommette su una ripresa del settore, subordinata però alla fine dell’emergenza. Secondo gli intervistati da Fipe-Confcommercio, il 2021 sarà ancora un anno di fatturati in calo, mediamente del 20%. Il 66% dei responsabili di grandi aziende della filiera (industria, distribuzione e ristorazione) prevede una ripresa non prima del 2022-2023, mentre il 27% pensa che solo nel 2024 ci sarà una vera inversione del trend

“Dal primo lockdown a oggi – spiega Lino Enrico Stoppani, presidente nazionale di Fipe-Confcommercio – gli imprenditori dei pubblici esercizi hanno vissuto una vera e propria odissea, dovendo fare i conti con il crollo del loro fatturato, l’impossibilità a pianificare la loro attività e una diffusa sensazione di accanimento dei provvedimenti, non giustificato dai dati, nei loro confronti”.

““Le novità introdotte per le riaperture serali dei Pubblici Esercizi e lo spostamento del coprifuoco – aggiunge – sono ulteriori importanti passi in avanti per il recupero della normalità operativa, pre-requisito per dare prospettive di fiducia ad imprenditori in grande difficoltà, sebbene rimanga la criticità per l’intrattenimento e le discoteche. Se a questo provvedimento si aggiungessero nuovi sostegni per consentire la gestione delle contingenti drammatiche difficoltà e a trattenere l’occupazione del settore, arginando la pericolosa dispersione di competenze, si aprirebbero scenari di vero rilancio per il settore”.

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