Genova. Prelevato dalla Primavera dell’Inter, su suggerimento di Sandro Mazzola, Massimo Cacciatori arrivò alla Sampdoria del presidente Colantuoni, passionale “avvocato di campagna”, che ebbe il merito di portare a Genova anche Roberto Vieri (poi ceduto alla Juventus per un ‘pacco’ di milioni).
Massimo Cacciatori avrebbe dovuto rivestire il ruolo di dodicesimo, alle spalle di Giorgio Pellizzaro, che sulla carta doveva sostituire il mitico Pietro Battara (come aveva fatto nelle ultime partite del campionato precedente), ma gli soffiò invece il posto, a partire dalla quarta giornata, convincendo subito Heriberto Herrera, di essere un portiere da Serie A, già in sede d’esordio, alla Favorita di Palermo (con un bel clean sheet).
Questa la formazione scelta dal ginnasiarca paraguayano, in quell’occasione: Cacciatori, Santin, Rossinelli, Boni, Prini, Negrisolo, Salvi, Lodetti, Villa, Suarez, Badiani.
Un undici molto simile a quello della vincente sfida salvezza di Torino (con in campo anche Arnuzzo, Lippi e Petrini), quella del goal di Loris Boni, quando la Samp sembrava già avere entrambi i piedi in Serie B, evitata anche grazie alla parate di ventunenne che si conquistò un posto nel cuore della Gradinata Sud, per la sua capacità di ‘tirare fuori dalla porta’ palloni ormai destinati a finire in fondo il sacco, con interventi che definire prestigiosi, è dir poco!
Titolare inamovibile, per tutti i sei campionati in cui ha difeso i pali della Sampdoria, su giudizio unanime dei vari allenatori che si sono succeduti sulla panchina blucerchiata, e cioè il già citato HH2 (mister che suscitò clamore per una dichiarazione alla stampa, in cui affermava: «Coramini e Sivori, per me sono uguali», una massima heribertiana che stava a testimoniare la sua filosofia, vale a dire, la pari considerazione per un ragazzino delle giovanile juventine ed il famoso Cabezón), ma anche per Guido Vincenzi (indimenticata bandiera blucerchiata, per undici anni, anche da calciatore), Giulio Corsini, Eugenio Bersellini, Giorgio Canali (con la supervisione del dottore, Fulvio Bernardini)… Insomma, un Cacciatori padrone della camiseta numero “uno”, quella che indossavano i portieri, quando i numeri sulle maglie andavano dall’uno all’undici.
Ad aiutarlo a proteggere la porta della Sampdoria, nei suoi anni genovesi, hanno contribuito, in difesa, oltre agli autentici mastini indicati nelle precedenti formazioni del suo anno di esordio, anche – nei campionati successivi – Mauro Ferroni, Vito Callioni e Luciano Zecchini, supportati da centrocampisti di valore (alcuni di corsa, altri più tecnici), quali Gianfranco Bedin, Pellegrino Valente, Maurizio Orlandi, Paolo Tuttino, Enrico Nicolini, che ergevano una diga, quand’era necessario.
Tutto questo perché gli attaccanti di quel periodo (dal ’72 al ’78), di goal ne facevano pochi (a parte Mario Maraschi), a partire da Dino Spadetto, Vincenzo Chiarenza, Sergio Magistrelli, Andrea Prunecchi , per finire a Nello Saltutti, Carlo Bresciani ed Ermanno Cristin, considerato che il Nordahlino era ormai a fine carriera…
Ecco perché era tanto duro salvarsi…
E quando non ci si riuscì (1976/77), va dato merito, a Massimo Cacciatori, di non aver ‘abbandonato la barca’ e ringraziarlo, lui che aveva mercato, per essere rimasto a fare da chioccia alla nidiata di giovani, lanciata – in Serie B – da mister Canali, quelli che avevano appena vinto il Torneo di Viareggio: Giovanni Re, Federico Rossi, Alviero Chiorri, Roberto Bombardi, Osvaldo Arecco, Alberto Mariani, Amedeo Monaldo, Luigi Paolini, Sergio D’Agostino ed il suo vice Enrico Pionetti.
Andò via (alla Lazio) nell’estate del ’78, in uno scambio – fra il presidente doriano Edmondo Costa ed il suo collega Umberto Lenzini – che portò, a Genova, Claudio Garella (soprannominato ‘Garellik’)… Era giusto un anno prima dell’avvento dell’era Mantovani… crediamo sia questo un bel motivo di rammarico per Massimo Cacciatori… avrebbe potuto rappresentare un punto base di quella Sampdoria, destinata a scalare le gerarchie del calcio italiano…
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