Genova. “La SuperLega? Non è un’idea che mi piace molto, anzi io quasi tornerei a fare la Coppa dei Campioni come un tempo, ma ci sono interessi più grandi”.
Marco Lanna, una delle colonne dell’epoca d’oro della Sampdoria, contattato da genova24.it, dice la sua sul terremoto che sta scuotendo il mondo del calcio: la SuperLeague annunciata a mezzanotte dai fondatori Arsenal, Atlético Madrid, Real Madrid, Barcellona, Inter, Juventus, Milan, Liverpool, Chelsea, Manchester City, Manchester United, e Tottenham.
“Mi sembra che sia quasi una provocazione – afferma Lanna – dubito che riusciranno a realizzarla. Io la vedo come un fattore negativo per il movimento calcio in generale, non è questo lo spirito. Per le grandi squadre sembra un’occasione per avere introiti abnormi, ma sicuramente influirebbe anche sulla competizione a livello nazionale”.
Lanna con la Sampdoria ha vinto due Coppe Italia (nel 1988 e nel 1989), una Coppa delle Coppe (nel 1990) e uno scudetto nel 1991, oltre a essere titolare nella finale di Coppa dei Campioni persa contro il Barcellona nel 1992. Un’epoca che sembra ormai lontana. Il 1991 è stato l’ultimo anno in cui una squadra italiana appartenente a una città diversa da Milano, Torino e Roma ha vinto il campionato: “Non eravamo tra le big, anche se eravamo stati costruiti per esserlo – sottolinea Lanna – ma oggi con la ripartizione degli introiti televisivi e la disparità di bilanci e fatturati, è sempre più difficile arrivare in fondo davanti agli altri, forse solo l’Atalanta in questi anni è riuscita a imporsi, perché in campo si va comunque in undici. Temo che la SuperLega andrebbe ad aumentare questa disparità e soprattutto in questo momento mi pare fuori luogo, visto che ci sono squadre che fanno fatica ad arrivare a fine mese e anche chi è attualmente in testa al campionato ha difficoltà con i bilanci”.
Quella Sampdoria era frutto di tanta lungimiranza e di un vedere il mondo del calcio in modo completamente diverso da quello attuale, ricorda Lanna: “Il presidente Mantovani è partito da lontano. Il gruppo era giovane ed è maturato nel corso degli anni: al di là dei valori tecnici erano stati centrati in pieno i valori morali delle persone”. Per vincere non basta la fortuna, soprattutto quando la concorrenza è molto forte e il gruppo è cresciuto anche mettendo in carniere già qualche trofeo prima di arrivare al bersaglio grosso.
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Adesso sarebbe tutto molto più complicato, conferma Lanna: “All’epoca si cercava prima l’uomo poi il giocatore. Negli anni alcuni elementi sono andati via perché non rientravano nella visione dell’uomo che aveva il presidente. È stata una persona con grandissima lungimiranza e ha costruito qualcosa di eccezionale, non ho mai trovato quel tipo di ambiente nelle squadre dove poi sono andato a giocare”.
Oggi tutto è cambiato: squadre fatte e disfatte nel giro di sei mesi. Anche la Juventus, quando Buffon, Chiellini e Bonucci avranno raggiunto l’età del ritiro, non avrà più un gruppo storico. “Il trading dei giocatori è fonte di guadagno e business per tutti quanti, ma mantenere quei quattro o cinque giocatori che entrano nella mentalità della squadra e degli obiettivi, li fa diventare il faro per quelli che arrivano”.
Anche affezionarsi a un giocatore è complesso: “Cambiano troppo rapidamente – conferma Lanna – penso alla Sampdoria e a parte noi ‘maturi’ i ragazzini forse possono identificarsi in Quagliarella, l’ultimo giocatore che ha rappresentato tanto è stato Palombo”, ma del resto anche i giocatori stessi come possono dare tutto per una squadra se non hanno certezze su dove giocheranno nei prossimi sei mesi? “Sono stato professionista: se giochi a calcio devi sempre dare il meglio, ma per un giocatore sarebbe molto importante sentirsi la maglia addosso e sentirne la responsabilità.