Genova. “Da ieri siamo aperti a pranzo e a cena perché stando chiusi non possiamo più sostenere le spese, se devo morire, preferisco morire sul campo piuttosto che sul divano a casa”. Questo lo sfogo di Fabio Condidorio della ‘Locanda in centro’ di via Fiasella che ha detto basta alle chiusure forzate, mettendo nuovamente a disposizione i tavoli del suo ristorante.
Dopo la manifestazione di ieri a Roma, sotto Montecitorio, la protesta si allarga e prosegue con l’iniziativa che punta ad aprire alcune saracinesche anche della nostra città, sia per il pranzo che per la cena: “Speriamo di poter dare un segnale anche ai colleghi che magari hanno paura delle sanzioni, ma se saremo in tanti qualcosa cambierà, e questa non deve essere vista come una ribellione o come una protesta, ma come un diritto, diritto al lavoro e un bisogno del lavoro“.
Secondo i ristoratori l’andamento del contagio è slegato dalle restrizioni che hanno colpito il settore: “Probabilmente hanno sbagliato categoria, siamo alla quarta settimana di arancione e qua in Liguria i contagi continuano ad aumentare – sottolinea Condidorio – o forse semplicemente qualcuno forse vuole agevolare le multinazionali che in quest’anno hanno guadagnato quello che noi abbiamo perso chiudendo alle 18. Ma il nostro settore, in Italia, non è globalizzabile. Ma iniziamo a vedere troppo incongruenze, abbiamo ristoranti chiusi ma gli autogrill aperti, i teatri non possono fare nulla, ma le messe ci sono lo stesso…”
La stessa determinazione la dimostra anche Simone Burlando del ristorante Tannina wine pub, di corso Torino, che a febbraio fu il primo ad aprire anche la sera “per necessità”, trovandosi il locale pieno di clienti e polizia: “Ho il cancello aperto, se qualcuno entra e chiede di mangiare dico: perché no. Non è una protesta, ma è il bisogno di lavorare nessuno mi può impedire di farlo se rispetto le norme anticovid”.
Oggi in questo primo giorno di “agitazione” le saracinesche aperte non sono state molte, ma le reti sorte in questi mesi per aggregare le istanze dei vari settori, da IoApro a Protesta Ligure passando per la rete M.I.O, sono in crescita ed è probabile che le iniziative si allarghino a macchia di leopardo in tutta la città e in tutto il paese: “Sì, continueremo a tenere aperto, ho tre figli a casa da mantenere – conclude Condidorio – ai colleghi, li incito ad aprire: c’è tanta gente solidale che punta a venire a mangiare da noi, dobbiamo lanciare un segnale“. E siamo solo all’antipasto.