Genova. Hanno apparecchiato tavola nel bel mezzo di piazza De Ferrari, poi si sono seduti a mangiare e bere tenendo l’ombrello aperto. La pioggia non c’era veramente, ma la protesta inscenata dai ristoratori di #protestaligure oggi pomeriggio a Genova non si discosta molto dalla realtà. Sono circa una trentina coloro che hanno aderito all’iniziativa simbolica nel primo giorno di zona gialla contro le norme del decreto Draghi che permettono di servire clienti soltanto all’aperto.
“Eravamo abituati a lavorare bene all’interno, ora non si può più – ricorda Fabrizio Bogo dell’osteria Gigino, uno dei leader del movimento di protesta -. Solo pochi locali potranno lavorare, crediamo non più del 40%, perché una postazione all’esterno non possono permettersela tutti. In più le persone all’aperto sono soggette al meteo. Prima usavamo le applicazioni di food delivery, ora ci toccherà guardare l’app del meteo”.
In questo lunedì 26 aprile che segna l’inizio delle riaperture il tempo regge nonostante il cielo grigio, ma organizzarsi così per un ristoratore diventa impossibile. “Noi possiamo mettere i tavolini fuori – ci spiega il titolare della trattoria Mangiabuono di vico Vegetti – ma stamattina non li abbiamo messi perché fino a una certa ora ha piovuto. Che tempo farà domani?”. E ancora: “Quando uno si siede per mangiare e comincia a piovere a metà del pasto, cosa succede? Se paga va via arrabbiato, se non paga mi arrabbio io. Riapriremo il 28, sperando che Giove pluvio sia buono con noi”.

“L’unico modo di sanare questa situazione – prosegue Bogo – è equiparare tutti i locali. I ristoranti che hanno posto all’esterno lo hanno anche all’interno. Noi chiediamo solo di essere trattati tutti allo stesso modo”.
Tra chi si è portato tavoli e sedie c’è ad esempio la pizzeria Egizio di Quinto. “Siamo qui a sostenere tutta la categoria, aspettando che il meteo ci dia notizie migliori – dice il titolare Simone Di Maria -. Il Comune si è reso disponibilissimo, ma la capacità di intervento rispetto a un decreto del Governo è davvero molto limitata. La situazione è paradossale. L’anno scorso potevamo aprire alla sera all’interno con un metro di distanza, ora con cinque milioni di vaccinati non si capisce perché non possiamo fare ciò che ci era concesso in una seconda ondata annunciata mesi prima”. Nel frattempo i ristori sono sempre in ritardo: “Ho fatto domanda l’8 aprile e sto ancora aspettando. Inoltre, come partita Iva, ho avuto un sussidio di 1.200 euro in un anno, in pratica 100 euro al mese”.

Fave, salame e pecorino sardo sul tavolo dell’osteria Da Carmelo di Sant’Ilario: “Ma noi abbiamo la strada davanti alla porta del nostro locale. Rispetto alla settimana scorsa per noi non cambia nulla. Gli aiuti non arrivano, ci dicono solo bugie. Dobbiamo aspettare un mese, ma vorremmo vedere i politici senza stipendio per un anno e mezzo”.

Il titolare del pub O’ Connor si è presentato con birre e drink simulati con tovaglioli colorati. “Non è una riapertura, per noi non cambia assolutamente niente. Potremo mettere all’esterno solo tre tavolini da due. Rispetto al primo lockdown ci sarà ancora meno entusiasmo legato al coprifuoco ma anche nell’abitudine che tanti hanno preso di non uscire più dopocena. Per un’attività come la mia la maggior parte del lavoro si svolge dalla mezzanotte in poi”.
“Noi davanti abbiamo i bidoni della rumenta, se non li spostano non riusciamo nemmeno a mettere i tavoli e comunque non saranno più di 14 posti”, lamenta il titolare della pizzeria 23 Febbraio della Foce. Problemi simili in via Canevari per i gestori dell’Ostaietta: “Noi abbiamo davanti una corsia preferenziale del bus, a meno che l’Amt non mi conceda una fermata la vedo dura”.