La storia

“Io, nata e cresciuta a Cassinelle”, quando l’abbazia abbandonata era un posto dove vivere fotogallery

Il complesso alle spalle di Sestri Ponente riscoperto dagli escursionisti e ripulito da alcuni volontari, ora si ragiona su come recuperarlo. Vittoria ci racconta com'era fino agli anni Sessanta

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Genova. “Non avevamo grandi comodità, per andare a scuola si doveva camminare su una mulattiera tra le pietre, in inverno faceva freddo e la stufa di ghisa serviva a poco contro gli spifferi, però mi sono trovata spesso a pensare che la vita a Cassinelle mi mancava, lassù stavamo sempre all’aria aperta e avevamo la vista sul mare più bella di tutte”.

A parlare è Vittoria Roggerone, classe 1942, una delle cinque persone ancora in vita ad avere abitato in quello che oggi è il borgo abbandonato di Cassinelle, sulle alture di Sestri Ponente. Un luogo che in questi ultimi mesi di pandemia, complice i divieti di spostamento fuori regione e una ritrovata e generalizzata voglia di aria aperta, è stato scoperto e riscoperto dai genovesi. Inoltre recentemente i volontari dell’associazione Monte Gazzo Outdoor e gli scout hanno estirpato l’edera che aveva coperto case e chiesa e hanno sistemato i sentieri di collegamento.

Ma torniamo a Vittoria. Lei non ha solo abitato a Cassinelle: ci è nata. Negli anni in cui su Genova cadevano le bombe della seconda guerra mondiale. Mentre sul bric di Teiolo e sul bric dei Corvi, qualche centinaio di metri più in su, i militari sparavano dalle batterie. “Non un gran momento per nascere, eppure sono ancora qui”, dice.

Ruderi Cassinelle

Vittoria Roggerone ha vissuto a Cassinelle con i genitori, la sorella e il fratello, fino agli anni Sessanta. Non ha fatto in tempo, per sua fortuna, a subire la trasformazione della vicina collina di Scarpino in discarica. Per lei Cassinelle erano boschi, prati, orti, aria pulita e torrenti limpidi dove giocare. “Era un posto bellissimo, soprattutto in primavera e in estate, eravamo sei famiglie e c’erano parecchi bambini della nostra età, a scuola i primi due anni andavamo dal prete della chiesa di San Pietro ai Prati, altrimenti a Panigaro, dove c’era anche il negozio più vicino”.

Ovvero diversi chilometri e qualche centinaio di metri di dislivello. Qualcosa che oggi si fa per sport o per diletto ma che per Vittoria era una necessità. Suo padre lavorava nelle cave sul monte Gazzo, proprio lì di fronte, i cui proprietari – la famiglia Conte – avevano acquistato il compendio dell’abbazia di Cassinelle dal demanio nel 1961. Di fatto, in quelle case, vivevano le famiglie dei lavoratori della cave.

Devo dire la verità, non è che i proprietari le tenessero granché bene – ricorda la signora Roggerone – anzi, erano molto mal messe, la nostra palazzina, se così si può chiamare, erano alcune piccole stanze, una sull’altra, addossate al retro della chiesa, era un ex convento, le finestre erano tutte sfasate, una diversa dall’altra, c’era una cucina con un camino ma senza la cappa per portare via il fumo, poi le stanze dove stava a malapena un letto e un comodino e una sala un po’ più grande, però la vita era fuori di casa”.

cassinelle

A fianco di questo edificio, oggi un rudere a malapena riconoscibile come abitazione, e completamente distrutto, c’era un’altra palazzina, più “lussuosa”, con stanze ampie, diversi camini e muri decorati. “Quella era la casa dei Conte, la tenevano come casa in campagna – dice Vittoria – ogni tanto venivano e magari portavano dei biscotti, noi preparavamo il caffelatte e si faceva colazione insieme, succedeva il giorno dei morti, quando i proprietari salivano a onorare i loro parenti che riposavano nella cripta sotto la chiesa”.

Sì perché al di sotto della chiesa di Santa Maria, ancora oggi, si può riconoscere una cripta con un altare e 32 loculi, sfondati, distrutti e saccheggiati già dagli anni Settanta. E’ in quel periodo che, con l’avvento della discarica di Scarpino, tutto cambia e l’angolo di paradiso si trasforma in un luogo infernale. L’aria irrespirabile, i torrenti inquinati da schiume, le ruspe e i rumori. “Fortunatamente ce ne siamo andati via prima di dover assistere a tutto questo, mio fratello ha resistito qualche anno di più, saliva a curare gli orti ma poi ha dovuto arrendersi, Cassinelle era diventato invivibile”.

Oggi il complesso dell’abbazia sta attraversando una seconda vita. Scarpino, a lungo chiusa, è stata bonificata e l’aria è buona. L’acqua dei ruscelli è tornata di un colore normale. Gli escursionisti, i biker e i trail runner, bambini e anziani, soprattutto con il bel tempo, hanno riscoperto i sentieri che da Borzoli o da Panigaro, portano a circa 400 metri di quota e poi più su sul crinale che divide la Valpolcevera dalla Val Chiaravagna.

Ruderi Cassinelle

Il problema è che gli edifici, anche se liberati dall’edera e dai rovi, sono a rischio crollo, soprattutto il pavimento della chiesa del 13esimo secolo, che sovrasta la cripta. L’accesso è, almeno in teoria, vietato – la chiesetta e le case sono state delimitate con un nastro bianco e rosso – ma quasi nessuno rispetta la regola.

Nei prossimi giorni l’attuale proprietà del compendio di Cassinelle, Unicalce (società lombarda che possiede anche le cave sotto al monte Gazzo), incontrerà il Comune di Genova per capire come mettere in sicurezza e riqualificare l’area. In passato il comitato Alta Val Chiaravagna aveva chiesto che l’impresa restaurasse il borgo come compensazione della coltivazione di nuove cave, ma l’istanza non è mai stata accolta.

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