Genova. Dalle prime luci dell’alba di oggi i carabinieri del Comando provinciale di Genova stanno eseguendo un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Genova nei confronti di un medico, dirigente di chirurgia generale presso un Ospedale del bresciano e del presidente e guida spirituale del centro olistico Anidra di Borzonasca,, accusati di omicidio volontario con dolo eventuale.
Lo scorso mese di ottobre una giovane donna, frequentatrice del centro olistico genovese, sarebbe morta presso l’ospedale San Martino di Genova, a seguito di un melanoma plurimetastatico degenerato.
Dall’esame autoptico sul corpo della ragazza è stato in seguito accertato che la proliferazione tumorale è stata provocata a causa dell’asportazione di un neo effettuato un anno prima dal chirurgo in locali del predetto centro non idonei a livello sanitario, senza sottoporre il tessuto ai previsti esami istologici e senza svolgere alcuna iniziativa volta ad arrestare il diffondersi della patologia.
A finire in manette Paolo Oneda, medico chirurgo, dirigente medico di chirurgia generale presso Chirurgia generale dell’Ospedale di Manerbio e Vincenzo Paolo Bendinelli, presidente e guida spirituale del centro di diffusione delle scienze olistiche “Anidra” di Borzonasca.
Un avviso di garanzia è stato notificato ad una psicologa, coindagata solo per i reati di circonvenzione e violenza sessuale.
L’indagine condotta dal nucleo investigativo e coordinata dal sostituto procuratore Gabriella Dotto nasce come costola di una precedente indagine del 2019 nata dalla denuncia sporta dai parenti di una giovane ospite del centro Anidra, e che è tuttora in corso per violenza sessuale e circonvenzione di incapaci.
A ottobre del 2020 un’altra giovane donna frequentatrice del Centro – era morta all’ospedale San Martino di Genova, ove era stata ricoverata per un melanoma plurimetastatico.
La vittima si era avvicinata al centro e alle scienze olistiche già da molti anni, proprio lì si era sposata e all’interno del centro insegnava Yoga e Thai chi chuan.
Come spiegato dai numerosi conoscenti sentiti a verbale, prima di avvicinarsi al centro di Borzonasca, la donna aveva avuto una regolare vita sociale, venendo poi gradualmente assorbita da quell’ambiente, allontanandosi dagli affetti ed abbracciando totalmente gli insegnamenti del “Maestro”.
I familiari, dopo il decesso avevano denunciato ai carabinieri che la donna nell’ottobre del 2018 aveva subìto presso quel centro, l’asportazione di un neo verrucoso sanguinante e che l’intervento era stato effettuato dal chirurgo Oneda alla presenza di Bendinelli, in locali non idonei a livello sanitario e senza sottoporre il tessuto agli esami istologici.
Dalle testimonianze è anche emerso che l’operazione sarebbe stata effettuata su un tavolo da cucina e senza alcuna anestesia, inserendo l’evento in un presunto patologico processo di “purificazione spirituale”.
Nel corso dei mesi successivi, la donna, in preda a dolori lancinanti sarebbe stata rassicurata dagli indagati circa la sua sicura guarigione, e privata di qualsiasi adeguato trattamento medico che invece sarebbe stato necessario.
Gli approfondimenti investigativi medico-legali hanno accertato che l’intervento chirurgico effettuato e le successive conseguenti omissioni avrebbero un rapporto causale diretto con il decesso della giovane.
In base alle i due arrestati sarebbero stati pienamente coscienti della superficialità con cui era stato effettuato il primo intervento e consapevoli del grave e progressivo aggravamento del quadro clinico della donna, che nei mesi successivi aveva subito le palesi e pesanti conseguenze della diffusione del tumore ma si era affidata totalmente alle indicazioni del medico e del “Santone”, che l’avevano rassicurata in merito alla sua guarigione ed al ritorno allo stato di salute, anche grazie a non meglio precisate pratiche olistiche e di “protezione energetica”, senza svolgere alcuna iniziativa volta ad arrestare il diffondersi della patologia.
Sono ancora in corso perquisizioni presso il Centro “Anidra” a Borzonasca, a Brescia e a Milano, presso le abitazioni/sedi lavorative dei due destinatari della misura cautelare e della psicologa, che in base alle accuse nel tempoa vrebbe garantito un’attività di cooptazione verso il “Centro” di diverse ragazze fragili, al centro dell’indagine.