Bogliasco. Si chiama Ogyre, come ocean gyres, le correnti circolari che hanno creato l’enorme isola di plastica nel Pacifico. È una start-up innovativa nata l’anno scorso tra Genova e Bogliasco con un obiettivo ambizioso: eliminare la plastica dai mari e trasformarla in nuovi prodotti da acquistare. Sono stati loro, insieme al locale Il Bistrotto, a organizzare domenica scorsa la pulizia della spiaggia di Bogliasco con una ventina di volontari armati di sacchi e guanti per raccogliere i rifiuti. Ma oltre al volontariato c’è di più: c’è un business.
“La nostra missione è pulire i mari attraverso le persone e la tecnologia – spiega Antonio Augeri, 32 anni, fondatore dell’azienda insieme al socio 38enne Andrea Faldella -. Siamo partiti vendendo prodotti fatti con plastica raccolta in mare dai pescatori. Sul nostro negozio online ora ci sono i costumi”.
Ma come si può trasformare una bottiglietta in un costume? “È semplice: quelli che compriamo di solito sono fatti di poliestere vergine, i nostri sono di poliestere riciclato, un mix tra plastica post–consumer, cioè quella che deriva dalla raccolta differenziata, e quella raccolta in mare”.
E tuttavia, dalla plastica raccolta in spiaggia all’abbigliamento da indossare in spiaggia il passo è molto lungo. Anzitutto per una ragione tecnica: “Il materiale raccolto in mare di solito è molto rovinato e non può essere riciclato al 100% – spiega Augeri -. Per realizzare un costume serve l’equivalente di 6 bottigliette di plastica, ma se le troviamo in mare possiamo usarle solo al 10-15% e comunque dobbiamo mischiarle con plastica post-consumer“. Significa insomma che il processo di trasformazione è piuttosto oneroso.

Per questo la plastica raccolta domenica scorsa a Bogliasco non servirà davvero a realizzare costumi da bagno. Lo scopo di queste iniziative è anzitutto sensibilizzare in chiave ambientale, ma in ottica futura le cose potrebbero andare diversamente. “Per ora – spiega ancora Augeri – noi acquistiamo un filato composto da plastica raccolta in mare grazie a una rete di pescatori già esistente. La produzione la affidiamo ad aziende europee, poi confezioniamo in Italia. L’obiettivo è arrivare a chiudere il cerchio e produrre direttamente noi con la nostra plastica, ma le quantità necessarie per completare la filiera sono enormi. Dobbiamo prima creare una piattaforma di raccolta a livello globale. Tra la fine del 2022 e il 2023, se rispettiamo tutti gli step del piano finanziario, contiamo di riuscirci”.
Quello che non tutti sanno, ad esempio, è che raccogliere plastica in mare può creare diversi problemi. I pescatori che lo fanno, una volta che tornano a terra, vengono considerati come produttori di rifiuti speciali e devono sottostare a complicate norme burocratiche sullo smaltimento.

Un aiuto sarebbe dovuto arrivare dalla cosiddetta “legge salvamare“, bloccata da oltre un anno in Parlamento, che prevede la possibilità per gli imprenditori ittici di recuperare rifiuti solidi dispersi in mare e conferirli, senza alcun onere economico a loro carico, alle isole ecologiche istituite per la raccolta. Il costo sarebbe ridistribuito sulla collettività tramite una nuova componente inserita nella tassa sui rifiuti.

Oggi Ogyre, che nel 2019 ha vinto il premio Liguria Crea Impresa di Wylab, conta 6 persone, tutte sotto i 40 anni. Il quartier generale è un piccolo ufficio vicino alla scuola di surf Roofless di Bogliasco, anche questa fondata da Augeri. Il futuro è tutto da scrivere: “Abbiamo bisogno di partner, Ong, pescatori affiliati che vogliano realizzare insieme a noi questo progetto. E poi vogliamo fare la stessa cosa all’estero”, racconta il fondatore. Con la consapevolezza che l’obiettivo numero uno, in realtà, è cambiare le coscienze. E far sì che la plastica in mare non ci finisca più: “Se si sta allagando una stanza, prima di prendere un secchio, dobbiamo chiudere il rubinetto”.