L'occupazione

Aule studio, seminari, incontri e mascherine: il fitto calendario (e le regole) dell’Università “liberata” fotogallery

I ragazzi sono al quinto giorno di occupazione della facoltà ancora chiusa per covid: "Vogliamo ricostruire dal basso il sistema universitario"

L'Università "liberata": occupata il dipartimento di Scienze della formazione

Genova. Ore 9: assemblea di gestione, ore 11: incontro con un gruppo di medici per parlare di salute e malasanità. Al pomeriggio incontro con il sindacato Si Cobas alle 16 e alle 18 diversi appuntamenti in contemporanea: la presentazione di un libro sull’autonomia operaia, l’incontro con un’antropologa, un incontro sull’Algeria e uno a tema femminista. Il calendario delle attività del giorno che si legge varcando il cancello del Disfor in corso Podestà è piuttosto fitto.

L’occupazione è cominciata lunedì mattina aprendo le porte di un’università fisicamente chiusa da oltre un anno con lezioni ed esami solo in Dad. Ora gli studenti che fanno capo al collettivo Come Studio Genova hanno deciso di riaprire le porte. La chiamano “Università liberata” e ne hanno fatto uno spazio aperto a tutti per dibattere e confrontarsi dal basso”.

L’accesso all’interno della struttura, dove sono state anche attrezzate aule studio interne ed esterne, e la partecipazione a seminari e assemblee e aperto a tutti, giornalisti compresi. Martedì anche il rettore dell’Università di Genova Federico Delfino è arrivato qui e si è confrontato con gli studenti: “Ovviamente lui condanna lo strumento dell’occupazione – spiega Giacomo, uno dei portavoce del collettivo Come Studio – anche se si dice un grande sostenitore del ritorno in presenza”. Le visioni sono comunque abbastanza distanti: “Il rettore sostiene di avere solo un ruolo di amministratore e nessun potere decisionale per rispondere alle nostre richieste che partono proprio dal rientro in presenza e in sicurezza per tutti e dall’abolizione delle terza rata universitaria – e così non fa altro che contribuire al rimpallo di responsabilità con cui ci scontriamo da mesi ogni volta che scendiamo in piazza o rivendichiamo dei diritti”.

Cosa significa questa occupazione? “Per noi vuol dire criticare e ricostruire il sistema universitario, che oggi è piegato a una logica della distribuzione dei finanziamenti in base a requisiti che poco hanno a che fare con il diritto allo studio per tutti”.

Intanto una trentina di ragazzi sono seduti in cerchio nel cortile esterno della facoltà per l’assemblea della mattina in cui si organizza la gestione dello spazio, gli appuntamenti della giornata i turni in cucina e le altre incombenze. Si decide fra l’altro la partecipazione alla manifestazione antifascista del 24 febbraio e si organizza un seminario sul ricovery plan per la mattina.

E il 25 aprile? “Non sappiamo ancora cosa faremo – dice Giacomo – certo la grigliata del 25 aprile sarebbe una tradizione da rispettare” scherza ma non troppo perché per questi studenti l’occupazione è anche “una grande esperienza di autogestione” tanto più in epoca Covid. E le regole sono ferree: prima di entrare si passa davanti a un gazebo dove ci si disinfettano le mani e vengo registrati nomi e cellulari dei partecipanti “per garantire la tracciabilità in caso di contagi” spiegano i ragazzi. E anche tutte le altre regole sono spiegate in stampatello su diversi cartelli affissi qua e là: “Obbligo di mascherina, divieto di fumare all’interno, distanziamento nelle assemblee, sacco a pelo proprio per chi vuole dormire in facoltà”.

Preside e docenti come la vedono l’occupazione? “La preside cerca di mediare – spiegano ancora – e alcuni docenti sono dalla nostra parte e può essere che organizzino qualche lezione nelle prossime settimane. Oggi intanto abbiamo un incontro con un’antropologa che insegna a lettere e filosofia”.

Tra gli incontri che più sono stati apprezzati finora quello con i portuali del Calp “con cui abbiamo parlato di porto, di guerre e dell’importanza che ha il collegamento tra gli studenti e il mondo del lavoro per creare consapevolezza visto proprio dalle nostre facoltà scientifiche si formano le competenze che poi realizzano software e hardware militari che vengono impiegati nelle guerre”.

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