Genova. Il vaccino AstraZeneca? “Non vedo l’ora di riceverlo”. Così il presidente Giovanni Toti, intervistato su Radio Capital, si offre come “cavia” per dimostrare che il farmaco è sicuro, nonostante gli allarmi di questi giorni dopo le morti sospette in Sicilia e Piemonte che hanno provocato il ritiro precauzionale di due lotti in Italia.
“Lo farei tutta la vita – dice convinto il governatore ligure -. Sto aspettando diligentemente, lo ha fatto anche il presidente della Repubblica alla sua età e ci mancherebbe, non ho intenzione in alcun modo di saltare la coda. Ma, se questo dovesse servire, il mio braccio è a disposizione e anzi, non vedo l’ora di poterlo fare”.
Del resto non è un mistero l’orientamento pro-vax di Toti che ieri, dopo il cluster all’ospedale San Martino che vede coinvolta un’infermiera non vaccinata per scelta, ha proposto una legge regionale per obbligare i sanitari a sottoporsi all’iniezione. Ipotesi che però è già decaduta: “Lo escludono quasi tutti i costituzionalisti, servirebbe un intervento dello Stato perché si andrebbe a incidere sulla libertà delle persone”, ammette oggi il governatore ligure.
C’è però un’alternativa, già esplorata in Puglia, su cui è in corso un’ulteriore valutazione, e cioè “la possibilità di destinare a ruoli meno esposti e meno pericolosi le persone che non si vaccinano, senza far scattare una causa per discriminazione sul lavoro, anche se con grave danno per il sistema sanitario”. In pratica una sorta di demansionamento autorizzato dalla legge.
“Su alcuni ruoli il vaccino credo sia un obbligo morale – prosegue il presidente -. Noi non abbiamo un vaccino omologato per i ragazzi sotto i 18 anni. Se in una classe ci fosse un insegnante vaccinato e in quella accanto uno vaccinato, sarebbe un trattamento giusto nei confronti di quegli studenti?”.
“Spero che il Governo intervenga – prosegue Toti a ‘Mattino Cinque’ -. Ieri mattina ne ho parlato col presidente Draghi e col ministro Speranza. Serve un atto del Parlamento, si può fare in poche ore e credo che i partiti possano impegnarsi in questo senso. Altrimenti potremmo provare a farlo come Regioni, ma se una legge regionale viene impugnata un secondo dopo davanti al Tar o alla Corte costituzionale, oltre al danno genera la beffa di creare ulteriore confusione”.