L'indagine

Proteste contro le navi delle armi e blitz antifascisti: 5 portuali del Calp indagati per associazione per delinquere

Sono stati perquisiti a casa e sui luoghi di lavoro. L'avvocato: "I reati sono in gran parte contravvenzioni"

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Genova. Cinque lavoratori del collettivo autonomo lavoratori portuali sono indagati dalla procura di Genova per associazione per delinquere finalizzata a reati che vanno dalla resistenza all’accensione di fumogeni al lancio di oggetti pericolosi e, perfino, all’attentato alla sicurezza pubblica dei trasporti.

All’alba del 24 febbraio le loro abitazioni, così come il luogo di lavoro, sono stati perquisiti dalla Digos che ha sequestrato telefoni, tablet e pc per trovare conferma di ‘azioni’ che il Calp ha sempre reso pubbliche sulla sua pagina Facebook. Due le tipologie di condotte contestate, da un lato quella antimilitarista in particolare con le manifestazioni e i presidi contro le navi della flotta Bahri, accusata di trasportare armi per rifornire l’Arabia Saudita nella guerra in Yemen, traffico recentemente bandito anche dall’Italia con lo stop alla vendita di bombe, dall’altra quella antifascista con blitz davanti alle sedi di Casapound, Forza Nuova e Lealtà azione, che di fatto sono consistiti in scritte e portoni sigillati con la colla.

“Per molti di questi reati, che nella maggior parte dei casi si riducono a semplici contravvenzioni gli attivisti del Calp sono stati assolti – spiega l’avvocato Laura Tartarini – oppure si tratta di processi, come la protesta di Corvetto contro il comizio di Casapound, che devono ancora cominciare”. Tra i fatti contestati la trasferta ad Arezzo, in particolare a Castiglion Fibiocchi dove i militanti del Calp erano andati ad appendere uno striscione e a fare scritte contro l’assoluzione dei due aretini condannati in primo grado e assolti in appello per la morte di Martina Rossi, figlia di Bruno, membro storico del collettivo.

“La Procura di Genova sostiene che il Calp si è reso colpevole di avere strumentalizzato la protesta con ‘dispositivi modificati in modo da renderli micidiali’ – spiegano gli attivisti in un video facendo riferimento a uno degli episodi contestati – I bengala e i fumogeni utilizzati dai portuali per attirare l’attenzione sulle navi dalle stive e i ponti piene di armi e esplosivi diretti a fare stragi sarebbero “micidiali”, non le armi e gli esplosivi caricati sulle navi. In realtà il Calp ha usato un’arma “micidiale”, ossia lo sciopero. Questo ha fatto tremare gli armatori e i terminalisti: non i razzi luminosi e i fumi colorati, ma che il traffico criminale di armi non sia solo criticato idealmente ma sia bloccato materialmente dai lavoratori” proseguono ricordando la protesta che aveva visto protagonisti sindacati e associazioni cittadine per evitare l’imbarco nel porto di Genova di generatori destinati a un uso militare.

“Rivolgiamo un invito alla Digos e alla Procura – dicono ancora i portuali che, dopo essere stati per anni delegati della Cgil di recente hanno aderito al sindacato Usb formando un gruppo autonomo nel porto di Genova – ad acquisire dall’Agenzia Delta e dal Terminal GMT i documenti di carico e di destinazione delle merci trasportate dalle navi Bahri verso gli Stati del Medio Oriente, compresa la Turchia che, denunciata dalla stessa procura per la nave Bana in relazione all’embargo libico, impiega in Siria contro i civili le armi sbarcate dalle Bahri a Iskenderun. Che in particolare a segnalino alla Procura di Roma l’Agenzia Delta quale rappresentante delle navi Bahri che hanno trasportato dall’Italia le bombe della RWM incriminate per la strage civile procurata in Yemen”.

“Li invitiamo infine – concludono – a non essere sottomessi alle denunce di chi con ipocrisia e arroganza parla di pace ma vive del commercio delle armi, come ci ha ricordato Papa Francesco: I lavoratori del porto hanno detto no. Sono stati bravi! E la nave è tornata a casa sua. Un caso, ma ci insegna come si deve andare avanti“.

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