19 marzo

Giornata mondiale del sonno, le patologie colpiscono il 30% dei malati di Covid

I consigli degli esperti: la sindrome da apnea ostruttiva riguarda il 24% della popolazione

Disturbi del sonno

Genova. Dal 2008, ogni anno, nel venerdì che precede l’equinozio di primavera (quest’anno il 19 marzo), si celebra la Giornata mondiale del sonno (World sleep day), un evento promosso con lo scopo di consolidare la cultura e la consapevolezza dell’importanza del sonno e dei suoi disturbi che rappresentano un altissimo costo sociale per la collettività.

“I tecnici di neurofisiopatologia, che da oltre 40 anni danno il loro contributo eseguendo nei centri di medicina del sonno italiani esami diagnostici specifici quali le polisonnografie e i test di vigilanza, auspicano la massima diffusione della giornata mondiale che quest’anno ricorre il 19 marzo – spiega Francesco Famà, presidente della commissione d’albo dei tecnici di neurofisiopatologia dell’ordine delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione di Genova, Imperia e Savona -. La medicina del sonno è uno degli ambiti di attività per la nostra professione, il cui profilo di responsabilità si esplica, dai primi anni ’70, nel più vasto campo delle diagnosi delle patologie del sistema nervoso centrale e periferico per mezzo di metodiche elettrofisiologiche e ultrasonologiche specifiche quali l’elettroencefalografia, l’elettroneuro/miografia, i potenziali evocati. In un anno difficile e particolare dal punto di vista sociale e sanitario, non possiamo ignorare le problematiche del sonno indotte sulla popolazione generale dall’emergenza pandemica Covid-19, cosi come l’alta incidenza (stimata intorno al 30%) di disturbi del sonno fra le complicanze neurologiche nei pazienti con Covid medio grave, a distanza di 6 mesi dalla dimissione. Il World Sleep Day, per noi tecnici di neurofisiopatologia, è la giusta occasione per sensibilizzare sull’ambito del sonno e per auspicare il rafforzamento del nostro ruolo e delle nostre attività in una realtà di “territorio” con un approccio multidisciplinare imperniato sul paziente e sui suoi bisogni di salute e di informazione in materia di regolazione del sonno e dei suoi disturbi. Quest’ultimi non andrebbero mai sottovalutati, perché si ripercuotono anche sulle performance diurne influenzando negativamente l’andamento lavorativo, i rapporti sociali e tutta la sfera psicologica del soggetto, oltre ad aumentare il rischio di sviluppare malattie metaboliche e cardiovascolari”.

Fra i disturbi del sonno più frequenti si trovano sicuramente la sindrome delle apnee ostruttive in sonno (Osas): nel nostro Paese si stima interessi il 24% della popolazione di sesso maschile ed il 9% della popolazione di sesso femminile al di sopra dei 50 anni di età. Nella forma più severa, tale da giustificare un intervento terapeutico, si stima siano più di 2 milioni di italiani ad a soffrirne, e la nostra regione non fa eccezione. Nonostante l’alta prevalenza, la diagnosi avviene solo in una parte dei casi a causa dell’ancora insufficiente consapevolezza della patologia, della variabilità dei sintomi e per la mancanza di un modello integrato di diagnosi e cura improntato principalmente sul territorio. Tale approccio innovativo potrebbe garantire in maniera coordinata le attività utili a contrastare soprattutto gli aspetti di cronicità di tale condizione, risultando più vicino ai bisogni di salute dei cittadini ed evitando, di conseguenza, il ricorso improprio all’ospedale.

“Sarebbe auspicabile una riorganizzazione dei servizi (di diagnosi, cura e prevenzione) che passi attraverso la realizzazione di una rete ambulatoriale multidisciplinare sul territorio, coordinata dal medico di medicina generale che preveda la presenza di diversi professionisti esperti nella diagnosi, nella cura e nella gestione a lungo termine dell’Osas. In tale rete, funzionalmente connessa e integrata con la missione assistenziale affidata agli ospedali, dovrebbero operare, fra gli altri, i tecnici di neurofisiopatologia la cui presenza sul territorio regionale, andrebbe decisamente implementata in ragione di questo modello di intervento, che deve necessariamente fronteggiare la frequente presenza di importanti comorbilità di questa grave sindrome. Allo stato attuale il risultato è uno drammatico scenario di condizione sommersa, un immenso iceberg di cui si conosce solo la punta: si stima infatti siano circa 12 milioni gli italiani adulti a rischio di Osas ma solo il 20% circa ne è consapevole”, aggiunge Famà.

Ad oggi in Liguria sono 64 i tecnici di neurofisiopatologia dislocati per lo più nei grandi poli ospedalieri. Si tratta inoltre di una patologia che da oltre vent’anni è nota ai maggiori sistemi sanitari nordamericani ed europei quale valido esempio di “major public health problem”, a causa della associazione causale con le principali malattie cardiovascolari (infarto miocardio, aritmie, ictus, ipertensione) e metaboliche (diabete, obesità) e con l’incrementato rischio di incidenti stradali e infortuni sul lavoro. L’Osas è oggi riconosciuta come una delle cause più frequenti di eccessiva sonnolenza diurna (Excessive Daytime Sleepiness – Eds), e come tale individuata quale fattore o co-fattore determinante o favorente in un rilevante numero di incidenti stradali e lavorativi: si stima siano 12.300 i sinistri attribuibili all’ OSAS che causano ogni anno 250 morti e oltre 12.000 feriti, si tratta di dati impressionanti da vera e propria emergenza sociale.

“Il riconoscimento di problema importante di salute pubblica, tanto insidioso quanto sotto-diagnosticato, deriva anche dal costo economico associato alla presenza di Osas: si stima che se in Italia i potenziali pazienti Osa venissero adeguatamente trattati, avremmo un risparmio annuo fra i 10 e i 15 miliardi di euro, quasi l’equivalente di una manovra finanziaria”, conclude Famà.

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