Analisi

Dosi inutilizzate e medici “disoccupati”: ecco perché la Liguria è agli ultimi posti sui vaccini

La nostra regione è terzultima per dosi somministrate su quelle consegnate, ma la verità è che la campagna è partita a due velocità: sostenuta per Pfizer-Moderna e molto ridotta per AstraZeneca

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Genova. Con il 75,7% di dosi somministrate rispetto a quelle consegnate, nel momento in cui scriviamo, la Liguria risulta al terzultimo posto nella classifica nazionale dei vaccini anti-Covid, seguita solo da Calabria (74,8%) e Sardegna (74,1%). Un dato impietoso, pressoché invariato nelle ultime settimane, che ha attirato una valanga di critiche sulla gestione di Giovanni Toti (benché il governatore abbia dichiarato di non avere interesse per le classifiche) e ha offerto all’opposizione in Regione l’assist per proporre addirittura il commissariamento della sanità.

I numeri sono inappellabili, ma al di là delle strumentalizzazioni politiche vogliamo provare a fare chiarezza: cos’è andato davvero storto in Liguria? E cos’altro, in realtà, non viene raccontato dalle fredde percentuali di quella graduatoria?

Dal canto suo, il presidente Toti ha sempre replicato alle accuse fornendo un dato alternativo: quello delle persone vaccinate sul totale della popolazione residente. “In Liguria il 5,10% della popolazione ha già completato il ciclo vaccinale, contro una media italiana del 4,40%. Questo, per chi ama le classifiche, ci pone al sesto posto tra le regioni italiane, settimo se consideriamo anche la Provincia Autonoma di Bolzano – ha spiegato il governatore in un comunicato -. In Liguria circa il 70% degli over80 prenotati ha già ricevuto la prima dose di vaccino”. Sulla una popolazione complessiva di 1.524.826 persone, i liguri che hanno ricevuto la prima dose di vaccino sono 71.838, che salgono a 149.636 se si aggiungono anche i 77.798 cittadini che hanno completato il ciclo vaccinale (prima e seconda dose).

In questo senso, dunque, non siamo affatto tra i peggiori. Anzi. E la spiegazione non è difficile: la Liguria in proporzione ha molti più abitanti ultraottantenni rispetto ad altre regioni, ed è su di loro che si è concentrata la campagna vaccinale. Secondo gli ultimi dati forniti dalla Regione, il 43% degli over 80 totali (67.075 su 155.969, esclusi gli ospiti delle Rsa) ha ricevuto almeno una dose, mentre rispetto ai prenotati (99.771) il 67% ha avuto una somministrazione.

Va osservato che alcune regioni più “virtuose” – secondo la classifica che dicevamo all’inizio – in realtà sono molto più indietro per quanto riguarda la fascia d’età più critica: su tutte la Toscana (85% di dosi somministrate su consegnate) che nella classifica pubblicata domenica dal Corriere della Sera risultava ultima (27,8% di ultraottantenni vaccinati).

Contiamo di arrivare al 90% di dosi somministrate entro la terza settimana di aprile. Siamo indietro sui vaccini AstraZeneca perché abbiamo usato tutto il personale per vaccinare gli ultraottantenni”, ha detto Toti intervistato a Mattino Cinque. “Le famose categorie prioritarie, quelle che oggi sono in discussione e che qualcuno non vorrebbe più vaccinare, le abbiamo indubitabilmente lasciate indietro. Però – precisa Toti – la nostra è la sesta regione d’Italia per popolazione vaccinata su quella residente perché abbiamo tantissimi ultraottantenni. E francamente credo che abbiamo fatto la scelta giusta. Da quando siamo entrati nel vivo della campagna vaccinale l’incidenza sugli over 80 è dimezzata e la mortalità si è ridotta a un terzo. Stiamo diminuendo sensibilmente i ricoveri in ospedale e salvando vite: questa resta l’unica classifica”.

La differenza, in effetti, emerge chiaramente confrontando i dati per tipologia di vaccino. Guardando a Pfizer e Moderna, finora sono state somministrate 208.109 dosi su 248.800 consegnate (dati ufficiali di Alisa e del bollettino quotidiano), cioè l‘83,6%, mentre di AstraZeneca sono state usate 25.984 dosi su 61.600 consegnate, solo il 42,2%.

Perciò è evidente che i ritardi della Liguria abbiano interessato soprattutto le somministrazioni con AstraZeneca (all’inizio interdetto per gli over 55, poi per gli over 65, infine solo per over 80 e ultrafragili), mentre al contrario altre regioni sono state più veloci a vaccinare le cosiddette “categorie prioritarie” prima che arrivasse lo stop dell’Aifa, pur generando numerose polemiche sulle corsie preferenziali concesse a questa o quella professione.

Le prime dosi AstraZeneca in Liguria sono arrivate il 9 febbraio e sono state destinate subito ai lavoratori frontalieri dell’estremo Ponente, dove l’incidenza del virus stava crescendo in maniera preoccupante. Negli stessi giorni il Governo ha stabilito quali dovessero essere le categorie prioritarie alle quali somministrare i vaccini AstraZeneca. Ben tre settimane dopo, il 2 marzo – primo giorno in cui la Regione ha reso disponibile il dato suddiviso per tipologie di vaccino – erano state somministrate 4.427 dosi AstraZeneca su 37.300 consegnate, appena l’11%: circa la metà era stata utilizzata nell’Imperiese, il resto era andato a liberi professionisti e personale socio-sanitario del settore privato (la fase 1 allargata).

Insomma, quasi nove dosi su dieci giacevano inutilizzate. Perciò a rallentare la campagna su AstraZeneca non è stata la mancanza di vaccini ma piuttosto la carenza di personale e strutture per somministrarli. I medici di famiglia sono scesi in campo esattamente un mese dopo l’arrivo delle prime dosi. Le prenotazioni per categorie prioritarie e persone fragili sono partite il 9 marzo, il 15 marzo sono iniziate le somministrazioni negli ambulatori delle Asl (non senza disguidi) e nel pomeriggio stesso è arrivato lo stop che ha fatto slittare tutto di un’altra settimana.

Ma allora perché l’accordo coi medici di famiglia è andato in porto così tardi? “Noi eravamo già pronti a vaccinare, ma è arrivata una circolare Alisa che ci ha fatto cambiare rotta perché ha introdotto una serie di vincoli, dal defibrillatore alla bombola di ossigeno, e in questo modo sarebbe diventato difficile fare le somministrazioni nei nostri studi – spiega Andrea Stimamiglio, segretario ligure della federazione dei medici di base -. Allora, visto che in queste condizioni solo il 60% di noi sarebbe stato disponibile, si è deciso di utilizzare gli ambulatori delle Asl“. Ed è così che si è arrivati al modello attuale: i medici prenotano e somministrano nei vari distretti, mentre alcune categorie (forze dell’ordine e universitari) fanno da sé visto che dispongono già di medici all’interno delle rispettive organizzazioni.

Il problema è che nemmeno adesso sta filando tutto liscio. “L’accordo è operativo – continua Stimamiglio – ma ci sono grosse criticità. Mentre nel resto della Liguria c’è abbastanza personale per vaccinare nei punti distrettuali, a Genova questo non avviene. Il piano prevede che in ogni distretto ci siano 4 postazioni attive su due turni. Nel territorio di Asl 3, che comprende 6 distretti, risiede la metà della popolazione ligure, mentre nel resto della regione ci sono 13 distretti”.

In pratica le risorse sono sbilanciate a favore dei territori dove c’è meno bisogno. “Abbiamo chiesto di raddoppiare i punti vaccinali o di avere postazioni nei nuovi hub come quello della Fiera, ma finora abbiamo avuto in risposta solo fumate nere – rimarca Stimamiglio -. Così è uno spreco: siamo mille medici vaccinatori, ma la maggior parte di noi in questo momento sta con le mani in mano“. La conseguenza è che molte persone inserite nelle categorie prioritarie (personale scolastico, polizia locale, ma anche pazienti vulnerabili) hanno preso appuntamento a giugno per vaccinarsi.

A meno che non si liberi prima – e non è da escludere – il canale parallelo che partirà dal 29 marzo coi grandi hub vaccinali a Genova (come quello della Fiera che potrà erogare fino a 5mila dosi), Savona e La Spezia, le 150 farmacie aderenti all’accordo con la Regione e ulteriori ambulatori privati che entreranno in gioco nelle prossime settimane.

In questi centri si inizierà a vaccinare per fasce d’età: si parte la prossima settimana coi 75-79enni, poi sarà il turno dei 70-74enni, quindi i 65-69enni. Dopodiché arriverà probabilmente il “liberi tutti” senza alcuna corsia preferenziale e inizierà la vera campagna di massa che, per essere tale, dovrebbe tenere un ritmo più che doppio rispetto a quello visto finora.

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