Genova. Fondi stranieri e speculatori all’assalto di alberghi e ristoranti del Levante ligure, dove le imprese sono stremate da un anno di coronavirus e dove la zona rossa a Pasqua sarà l’ennesima mazzata che ucciderà la ripartenza. A lanciare l’allarme è Aldo Werdin, titolare di un noto hotel a Rapallo e presidente dell’Unione Gruppi Albergatori del Levante.
“Siamo sotto assedio. Dalle notizie che ci arrivano è in atto un tentativo di shopping sulle attività turistiche – spiega Werdin -. Stanno arrivando parecchie richieste di acquisto degli hotel a prezzi molto calmierati. Approfittano della crisi, e se qualcuno si trova con l’acqua alla gola è probabile che prima o poi finisca per cedere. È un fenomeno che si è evidenziato molto negli ultimi sei mesi, e più si va avanti più si verificano le condizioni adatte”.
A presentarsi sono soprattutto fondi stranieri: Inghilterra, Germania, Emirati Arabi, Cina. “Prima accadeva soprattutto nelle grandi città d’arte, ma il territorio del Levante ligure non è mai stato così appetibile come ora“, osserva Werdin. In altri casi a farsi avanti sono agenti specializzati incaricati per conto di investitori italiani o stranieri. E nel mirino non ci sono solo le attività ricettive, ma anche le ville e quindi il settore immobiliare ad uso turistico.
Così, anche se gli imprenditori del settore stringono i denti e fanno di tutto per non chiudere, la tentazione di mollare tutto al miglior offerente è sempre più forte. “Da una parte non farebbe male, perché se arrivano grosse catene internazionali a investire possono aiutarci a promuovere le destinazioni – continua il rappresentante degli albergatori del Tigullio – ma questo è un brutto segno perché significa che gradualmente il tessuto imprenditoriale del territorio cederà il passo”.
A peggiorare la situazione sono le brutte notizie in arrivo per il periodo delle feste pasquali. Ma l’ennesimo lockdown per il turismo in riviera che tuttavia non stupisce gli addetti ai lavori: “È una conferma di quello che già sapevamo – confessa Werdin -. Per aprire a Pasqua avremmo dovuto prepararci a partire dal 1° aprile. Quando abbiamo visto che Lombardia e Piemonte diventavano arancioni con tendenza al rosso abbiamo capito che sarebbe stato inutile perché i clienti non sarebbero comunque arrivati”.
Dunque, dopo un 2020 disastroso con un calo complessivo del fatturato intorno al 50%, anche la nuova stagione si fa sempre più incerta. “Aspetteremo tempi migliori – conclude Werdin -. Noi abbiamo spostato l’apertura al 26 aprile e puntiamo sul ponte del 1° maggio, altri colleghi sperano che si muova qualcosa già per il 25 aprile. Le eventuali assunzioni le abbiamo spostate di un paio di settimane, e alla fine anche stavolta ci rimettiamo tutti, sia in termini di fatturato sia in termini di posti di lavoro”.
E l’estate? Meglio non parlarne: “Siamo impossibilitati a prevedere qualunque cosa. È inutile che la categoria si attrezzi per fare grandi cose, con servizi allargati per poi non avere clientela. Se un imprenditore ha due ristoranti, uno in spiaggia e uno in albergo, ne aprirà uno solo. Dovremo ridurre i costi e ottimizzare i ricavi, per cercare di recuperare almeno in parte quello che abbiamo perso nel 2020″.