Pasticcio

Spiagge, è caos sulle concessioni balneari: anche Genova “congela” le proroghe fino al 2022

Atri sindaci le hanno estese fino al 2033 nonostante la direttiva Bolkestein. Il vicesindaco Piciocchi: "Scandaloso che lo Stato ci lasci in trincea"

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Genova. Anche palazzo Tursi prorogherà con una delibera le concessioni ai gestori degli stabilimenti balneari, ma solo fino al 2022. Una decisione, confermata dal vicesindaco e assessore al demanio marittimo Pietro Piciocchi, che allinea il capoluogo a comuni rivieraschi come Rapallo, Chiavari e Lavagna dove i sindaci – a differenza di altri colleghi liguri – hanno ritenuto di non applicare la legge Centinaio del 2018, quella che sancisce la validità delle concessioni fino al 31 dicembre 2033 nonostante la direttiva europea Bolkestein.

“La sentenza del Tar della Campania ha ribadito l’illegittimità di questa normativa – spiega Piciocchi – quindi ci sembra che la cosa più saggia nell’interesse dei balneari in questo momento sia quella di iniziare a legittimarne la presenza con una proroga tecnica in attesa che il legislatore definisca il problema. Vorrei che sia chiaro: in questo modo l’amministrazione si muove a loro tutela. È inutile che vada ad applicare una normativa che non viene riconosciuta”.

Un vero e proprio pasticcio in termini giuridici. Da una parte incombe la procedura d’infrazione aperta dall’Unione Europea contro l’Italia per il mancato adeguamento alla direttiva Bolkestein che impone di mettere le concessioni a gara: entro il 3 febbraio – dunque tra poche ore – il Governo dovrà far pervenire la sua risposta alla Commissione. Dall’altra c’è una legge dello Stato che la Procura di Genova ha invitato a non applicare perché viola il diritto comunitario: un avvertimento ripetuto più volte, con l’indicazione esplicita di aprire procedure di evidenza pubblica. In mezzo, le decisioni contraddittorie dei tribunali amministrativi: quello di Lecce, ad esempio, ha stabilito che la Bolkestein “non trova diretta applicazione” in Italia e quindi è giusto prorogare le concessioni fino al 2033.

La babele interpretativa si riproduce con gli stessi effetti anche in Liguria, dove ogni sindaco decide per sé creando disparità a pochi chilometri di distanza. “È inconcepibile che nella stessa regione i comuni assumano atteggiamenti diversi – tuona Massimo Stasio, presidente genovese del Sindacato italiano balneari -. Sarebbe meglio che la Regione riprendesse un ruolo di coordinamento”. A chiedere un intervento della giunta Toti è stato anche il sindaco di Rapallo Carlo Bagnasco, uno dei primi in Liguria a spingere per la proroga fino al 2033, salvo poi passare al fronte dei “cauti” quando è arrivata la missiva dei magistrati.

Comprendo la confusione, ma noi non possiamo commissariare i sindaci. L’unico modo per superare questo caos è un intervento di chi è direttamente competente sul demanio marittimo, cioè lo Stato – risponde l’assessore regionale competente, Marco Scajola -. Come Regioni abbiamo chiesto più volte di essere convocati perché vorremmo sapere il contenuto della risposta che il Governo italiano darà alla Commissione europea. È vergognoso che gli enti locali non vengano coinvolti. Da tempo chiediamo una riforma organica del comparto demaniale, sarebbe l’unico modo per dare certezza a tutto il mondo imprenditoriale che gravita sul demanio marittimo, e sono migliaia di posti di lavoro”.

La Regione Liguria, del resto, aveva provato a legiferare in materia nel 2017 sancendo una proroga trentennale delle concessioni, ma la norma fu impugnata e bocciata dalla Corte costituzionale. Ai Comuni, invece, la giunta Toti aveva inviato nel 2019 due atti dirigenziali che contenevano indicazioni per applicare la legge 145/2018. Esiste anche un’interpretazione secondo cui non sarebbe necessaria una proroga formale da parte dei Comuni perché l’estensione al 2033 scatterebbe in automatico, ma i gestori degli stabilimenti vogliono nero su bianco. E così i sindaci vanno in crisi.

È scandaloso che alla fine le amministrazioni locali vengano lasciate sulla linea di trincea senza nessuna indicazione da parte dello Stato – rincara la dose Piciocchi -. Capisco che esiste una legge, ma quando hai la Commissione europea che apre una procedura di infrazione, la giurisprudenza che la disconosce, i Comuni che esercitano l’amministrazione del demanio in subdelega dalla Regione, poi finisce che ci dobbiamo barcamenare e questo io lo trovo sconcertante”.

Oggi il tema è finito al centro di una commissione regionale in cui sono stati ascoltati i rappresentanti dei balneari. “E’ chiaro che, se la direttiva europea venisse applicata, metterebbe a rischio la sopravvivenza di aziende e, quindi, il posto di lavoro di centinaia di famiglie e di migliaia di addetti, che hanno costruito una professionalità e un’esperienza insuperabili, arrivando a fornire un servizio di altissimo livello – commenta la presidente della prima commissione, Lilli Lauro – Abbiamo ascoltato il grido di dolore anche dei rappresentanti di altri settori, quello della pesca e degli ormeggiatori. Rinnoveremo, pertanto, al Governo e in tutte le sedi istituzionali la richiesta, avanzata anche nel precedente ciclo amministrativo dalla giunta Toti, affinché prevalga l’applicazione della legge 145 per non abdicare ad un principio di sovranità e per tutelare un’offerta turistica di qualità e le nostre tradizioni”.

A modificare gli equilibri potrebbe essere dunque la risposta che il Governo (dimissionario) fornirà nei prossimi giorni. Se agirà in difesa della proroga al 2033, i balneari avranno una carta in più da giocarsi per fare pressione sui Comuni. In caso contrario sarà premiata la linea degli “attendisti” – tra cui Genova – a costo però di nuovi malumori da parte di una categoria che sconta ancora le conseguenze di una stagione rovinata dal Covid, con un futuro più che mai incerto all’orizzonte.

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