Genova. E’ cominciato questa mattina l’incidente probatorio sulle cause del crollo del ponte Morandi. Il gip Angela Maria Nutini ha fissato udienze per tutto il mese, sabato compreso, che si terranno sotto la tensostruttura fatta allestire appositamente nel grande cortile al terzo piano di palazzo di Giustizia. L’unica, in epoca Covid, in grado di ospitare 200 persone tra avvocati, consulenti, periti e parti offese. Verrà esposta la perizia disposta dal gip sulle cause del crollo e i periti risponderanno anche alle domande degli avvocati degli indagati e a quelle della Procura.

Il secondo incidente probatorio che comincia oggi serve infatti proprio per discutere, in contraddittorio tra le parti, le cause del crollo del ponte. Poco prima di Natale i periti scelti dal gip Angela Maria Nutini, hanno depositato un documento di 476 pagine in cui spiegano perché il ponte sul Polcevera è crollato il 14 agosto 2018 uccidendo 43 persone.

Per gli ingegneri Giampaolo Rosati, Massimo Losa, Renzo Valentini e Stefano Tubaro a far crollare il ponte Morandi sono state la scarsa manutenzione e l’assenza di controlli. Una perizia che rafforza la tesi dei pubblici ministeri Massimo Terrile e Walter Cotugno, secondo cui il collasso del ponte è da imputare a negligenze di Autostrade per l’Italia – la società concessionaria – mentre le difese puntano sull’esistenza di difetti strutturali nell’esecuzione dell’opera.

Questo secondo incidente probatorio ssegue quello che si è concluso nell’agosto di un anno fa, e che era servito ad analizzare lo stato del ponte al momento del crollo. Già allora i periti avevano evidenziato uno stato diffuso di corrosione dei cavi d’acciaio degli stralli, i tiranti che collegavano la piattaforma stradale alla sommità della pila 9, quella crollata.

Da un punto di vista giuridico l’incidente probatorio, che si svolge a porte chiuse, rappresenta un’assunzione anticipata di una prova che poi sarà automaticamente acquisita dal dibattimento vero e proprio. Al momento il processo per il crollo di ponte Morandi si trova ancora in fase di indagini preliminari. Terminato l’incidente probatorio, la procura pensa di poter chiudere le indagini entro marzo-aprile. Verrà quasi certamente chiesto il rinvio a giudizio di molti, se non di tutti i 71 imputati. Allora il gip Nutini fisserà l’udienza preliminare e deciderà se e quanti imputati rinviare a giudizio. Solo allora il dibattimento sarà pubblico e i parenti delle vittime che non hanno accettato il risarcimento di Autostrade potranno costituirsi parte civile nel processo.

“Siamo qui anche per chi non può esserci” ha detto Egle Possetti entrando in tribunale. “Siamo fiduciosi nella giustizia e siamo qui anche per dare forza alle indagini e per ringraziare tutti quelli che stanno lavorando perché sia fatta giustizia”. Possetti, che nel crollo del ponte ha perso la sorella Claudia. Possetti è anche presidente del comitato delle vittime del ponte Morandi, che vorrebbe costituirsi parte civile nel processo. A chi le chiede perché non tutti i parenti siano presenti al processo e a chi vuol sapere in quanti hanno accettato il risarcimento di Autostrade lei risponde secca: “Sono persone che come noi  hanno perso i loro cari, che magari si sono trovate in difficoltà anche economiche, o che hanno accettato per provare a chiudere questa vicenda. Noi siamo qui anche per tutti gli altri e un pochino anche per tutti gli italiani”.

Emmanuel Diaz non ha mai mancato un’udienza ed è presente anche questa mattina: “Io ho partecipato anche al primo incidente probatorio – ricorda – e anche lì i periti avevano riscontrato che il Morandi era fortemente corroso. In questa seconda perizia sono entrati molto più nel dettaglio. Io sarò qui ogni giorno anche se ha volte sentire quello che dicono certi avvocati è umiliante. Ma è un dovere essere qui. Mio fratello tendeva ad essere molto minuzioso nei suoi processi. Ora che lui è stato assassinato devo essere qui con la stessa determinazione”.

Presente per la prima volta in aula anche Barbara Bianco, compagna di Andrea Cerulli: “E’ la prima volta che vengo – spiega al microfono – ma dopo quello che abbiamo sentito in questi due anni e mezzo dovevo esserci. Lo devo al mio compagno Andrea e alle 43 vittime. Oggi si comincia a scoperchiare il vaso di pandora. Fiduciosi? Lo saremo quando vedremo le condanne”.

A Genova è arrivato anche Roberto Battiloro, papà di Giovanni, che ha rinunciato al risarcimento di Autostrade: “Oggi sono qui perché mio figlio, che era un ragazzo di 29 anni, merita l’onore di questa verità”.  Battiloro in questi mesi insieme al suo avvocato e a un consulente tecnico ha anche depositato una perizia di parte: “Si tratta di una perizia che arriva a conclusioni molto simili a quella dei periti del gip” spiega e a chi gli chiede come sono stati i contatti con Autostrade che ha provato a offrire un risarcimento a tutte le famiglie un risarcimento risponde: “Noi vogliamo solo la verità perché l’anima di un figlio non si compra”.

“Una tragedia non solo per Genova e la Liguria ma per l’Italia intera, che nessuno di noi potrà mai dimenticare” ha commentato il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti nel giorno della prima udienza dell’incidente probatorio. “Spero che presto, a oltre due anni da quel 14 agosto, le famiglie delle vittime possano finalmente conoscere la verità e avere giustizia per i loro cari”.

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