Genova. “La sentenza non rappresenta le tesi della Procura”. Lo ha detto il procuratore aggiunto Francesco Pinto dopo la sentenza per il pestaggio del giornalista Stefano Origone. Il gup Silvia Carpanini ha condannato i 4 poliziotti a soli 40 giorni di reclusione contro la richiesta della Procura di un anno e quattro mesi. Per il giudice di fatto i poliziotti hanno usato legittimamente le armi, cioè i manganelli ma hanno commesso un “eccesso colposo” nel senso che hanno esagerato nel colpire il giornalista che avevano tuttavia legittimamete scambiato (qui sta la “scriminante putativa” per un manifestante violento).
Per la Procura di Genova invece le lesioni sono di tipo doloso perché l’utilizzo del manganello è stato valutato illegittimo dal pm che pur ha definito legittima la carica della polizia per sgomberare la piazza.
La Procura quindi ora attende le motivazioni delle sentenza, che saranno depositate entro 60 giorni per decidere se appellarla: “Leggeremo la sentenza e valuteremo” conferma Pinto.
Si dice soddisfatto del risultato raggiunto l’avvocato di Stefano Origone Franco Manzitti: “Per noi era importante ottenere due cose: l’affermazione di responsabilità degli imputati e c’è stata, in secondo luogo la condanna al risarcimento dei danni” Origone ora potrà chiedere in sede civile i danni patrimoniali mentre quelli morali vanno in parallelo al processo penale e in primo grado sono stati sanciti con un provvisionale di 5 mia euro a Origone da parte dei poliziotti oltre al pagamento delle spese processuali.
Stamattina in contemporanea con l’ultima udienza del processo si è tenuto davanti a palazzo di giustizia un piccolo presidio dell’associazione ligure dei giornalisti e dell’ordine dei giornalisti.
“Anche la verità processuale – dicono in una nota congiunta Ordine e sindacato dei giornalisti – ha accertato la responsabilità – sia pure colposa – dei quattro imputati e confermato quanto già subito evidente nell’immediatezza dei fatti: Stefano Origone era laddove il dovere di fare di cronaca gli imponeva di essere ed è stato vittima di un pestaggio che non ha cittadinanza nell’ordinamento democratico. Si conferma che il lavoro dei giornalisti – al pari di ogni altro – non è mai esente da rischi, ma l’esigenza di raccontare, documentare un fatto non è temeraria o imprudente ma bensì fondamentale per soddisfare il diritto dei cittadini ad essere informati”.
“Il sindacato dei giornalisti della Liguria, sostenuto dalla Federazione nazionale della stampa italiana, e l’Ordine dei giornalisti della Liguria esprimono soddisfazione per la sentenza e ringraziano i colleghi che ancora oggi hanno presidiato la sede del tribunale rinnovando solidarietà e vicinanza al collega e una richiesta di giustizia che non riguardava solo la tutela di un giornalista e del diritto di fare cronaca – concludono – ma una più profonda necessità di non lacerare il patto di fiducia tra cittadini e tutori dell’ordine”.