La protesta

In piazza la rabbia di piscine e palestre: “Lo sport previene le malattie e rende più forti anche contro il Covid”

"Vogliamo riaprire per la vostra salute e per le nostre famiglie"

Manifestazione ristoratori 22 febbraio

Genova. E’ un grido di dolore quello che arriva dalla piazza di Genova. Tutte le categorie economiche colpite dalle chiusure totali o parziali si sono date appuntamento in piazza oggi pomeriggio per chiedere di poter tornare a lavorare “perché il lavoro è dignità”.

Tra i tanti interventi quelli del mondo dello sport rappresentato dai gestori di piscine e palestre. A parlare per le piscine Andrea Biondi della Crocera Stadium che ha ricordato come “n cittadino che fa attività sportiva è un cittadino più forte, con le difese immunitarie contro le malattie, compreso il Covid”. Eppure i politici non ci ascoltano tanto che in questo governo non abbiamo neppure un ministro per lo Sport. I politici vengono alle premiazioni degli atleti alle nostre manifestazioni ma noi abbiamo bisogno di loro adesso”.

Tanta rabbia anche nell’intervento di Andrea Maranese, che ha una palestra a Chiavari ma parla a nome di tanti altri colleghi che sono scesi in piazza questo pomeriggio dietro un grande cartello: “Lo sport è vita”. E il concetto viene ribadito anche dal palco: “Abbiamo investito, rispettato le prescrizioni, messo le prenotazioni, dopo ogni utilizzo le nostre attrezzature vengono sanificate non una tantum come avviene nei supermercati o sui bus” dice dal palco quasi urlando la rabbia di tutto un settore.

E ci tiene anche lui a precisa cosa significhi davvero lo sport per le persone: “E chi pensa che il nostro lavoro sia quello di far ottenere alle persone un miglioramento estetico si sbaglia di grosso. Noi abbiamo dei titoli di studio professionali e professionisti delle prevenzione: l’attività fisica combatte il diabete, l’obesità, la depressione, noi insegniamo ai bambini attraverso lo sport il rispetto delle regole e così combattiamo il bullismo”.

E i ristori? “Se ad altre categorie sono arrivati ristori proporzionati al fatturato, a noi sono arrivati 600 euro, peggio del reddito di cottadinanza
Ora siamo ridotti al limite: costretti a far lezione all’aperto dove è meno sicuro che nelle nostre strutture. E vogliamo riaprire, per la vostra salute e per le nostre famiglie”.

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