Genova. Si erano trasferite all’interno della “zona rossa” e della “zona arancione”, così nei perimetri definiti tra Certosa e Sampierdarena, in Valpolcevera, dopo il crollo del Ponte Morandi, alla fine del 2019.
Si tratta di 46 imprese arrivate in maniera repentina e che in maniera altrettanto repentina hanno assunto decine di dipendenti. Non certo e non tutte per rilanciare la zona ferita dal crollo del viadotto quanto, ipotizza la procura di Genova, per godere dei “ristori” o degli sgravi fiscali previsti.
Di queste 46 aziende, ben 25 non avrebbero i titoli per accedere a quegli aiuti tanto che 9 sono già state indagate per falso e truffa allo Stato; altre 16 sono per ora state denunciate dalla Guardia di Finanza per gli stessi reati.
Lo scandalo è raccontato oggi dall’edizione genovese di Repubblica. Secondo l’articolo le indagini del primo gruppo e del nucleo operativo metropolitano delle fiamme gialle hanno evidenziato che alcune aziende si sono costituite ex novo. Altre hanno trasferito il loro domicilio fiscale fittiziamente. Altre ancora hanno affittato pochi metri quadrati ma non risultano operative.
Quella che doveva essere la “zona franca urbana” per sollevare le sorti di un tessuto urbano precipitato nella disperazione economica il 14 agosto 2018 si sta rivelando una truffa. Si sospetta la complicità di qualche funzionario scrive La Repubblica, ma al momento la Regione è completamente estranea. Nei giorni scorsi era stata annunciata la pubblicazione del bando che prevede aiuti per le aziende insediate nella zfu entro il 2020.
L’inchiesta della Procura è stata affidata ai pm Francesco Cardona Albini e Fabrizio Givri coordinati dai procuratori aggiunti Vittorio Ranieri Miniati e Francesco Pinto.