Liguria. Esattamente un anno fa, il 25 febbraio 2020, arrivava la notizia di un primo caso accertato di Covid-19 in un hotel di Alassio, una turista 72enne di Castiglione d’Adda, nel lodigiano, arrivata insieme a una comitiva l’11 febbraio prima per una vacanza al mare.
Per la Liguria fu un duro colpo, accompagnato dalla consapevolezza che il virus era uscito dai confini lombardi e arrivato (anche) con i turisti in vacanza. Gli studi successivi, infatti, avrebbero poi rivelato che il nemico era già in casa nostra da mesi, probabilmente già da dicembre o forse anche prima.
Si trattava comunque un brusco risveglio, sebbene da giorni i numerosi casi “sospetti” negli ospedali e l’exploit dei focolai a Codogno e Vo Euganeo avessero alimentato la psicosi. Poco dopo l’annuncio di Toti in conferenza stampa arrivò la comunicazione dell’Asl 2, che non solo dava conferma ai gestori della positività dei turisti al Covid 19, ma indicava l’obbligo dell’isolamento nelle loro stanze, con una volante della polizia all’esterno per scongiurare eventuali ‘fughe’ e transenne tutto intorno all’albergo.
Il primo morto ligure, slegato cioè dai cluster di turisti, si registrò anche questo nel Savonese il 5 marzo: si trattava di un 72enne di Andora, trovato positivo dopo il decesso all’ospedale San Paolo. Era già in condizioni di salute compromesse. Fu il primo di una lunga serie di vittime, con un bilancio che oggi in Liguria ha superato quota 3.600. Domani saranno tutte ricordate in una cerimonia al cimitero Staglieno.
A ricordare il clima e lo sgomento di quei tragici momenti è l’assessore Franca Giannotta nel consiglio comunale di Alassio. “Ricordo ancora i momenti di paura al telefono con il coordinatore dei volontari di protezione Civile, Cesare Caviglia e con il vicesindaco Angelo Galtieri. Il Covid era già entrato nel nostro Paese ma per noi era ancora qualcosa di sconosciuto, in qualche modo lontano. Penso a quei giorni e penso anche a tutti gli errori che forse sono stati commessi nel tentativo di assistere persone spaventate, preoccupate, lontane da casa. Il 25 febbraio Alassio registrava il primo cluster di Coronavirus di tutta la Liguria. Lo confesso: ci siamo sentiti soli. Preoccupati e soli”.
Da quel giorno, però, ricorda Giannotta, è stato fondamentale fare squadra: “Protezione civile, polizia locale, carabinieri, polizia, tutta l’amministrazione comunale, i dirigenti e i dipendenti. Ricordo tutte le difficoltà nell’organizzare il primo pasto per gli ospiti costretti negli alberghi, nel raggiungerli all’interno delle strutture e il coraggio di tanti volontari. Non erano numeri, ma esseri umani spaventati, indifesi, soli, lontani dai loro affetti. Penso alla difficoltà nell’organizzare il rientro di quelle persone alle loro case e le lunghe telefonate con i sindaci delle loro città in costante contatto con noi tutti. La città tutta attraverso le proprie associazioni di categoria, ha fatto comunque sentire la sua ospitalità in un momento così critico”.
Quei giorni oggi sembrano molto lontani. E in ricordo di quel periodo così complicato nel mese di dicembre è stato conferito l’Alassino d’Oro ad Albi Albino che in quei giorni era il simbolo della solidarietà. “Il nostro tramite – ricorda Giannotta – con quanti erano obbligati a restare nell’albergo. Quei giorni sembrano lontanissimi, ma in realtà siamo ancora qui a lottare per sconfiggere questo maledetto virus. Fare squadra è quello che ci ha permesso di superare il periodo peggiore dell’epidemia, sarà quello che ci consentirà di rialzarci dopo che ci saremo lasciati alle spalle, spero prima possibile, questa emergenza sanitaria. Credo che ognuno di noi serbi nel proprio cuore un ricordo personale di quei giorni, un ricordo indelebile. Io ho quello di persone che ringrazio a nome di tutta l’amministrazione, con cui a ogni ora del giorno e della notte mi confrontavo. Un elenco di persone, una squadra che non potrò mai dimenticare: volontari della protezione civile, volontari della croce rossa, polizia municipale, compagnia carabinieri, giunta e dirigenti”.