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Coronavirus e teatri chiusi, i lavoratori delle spettacolo tornano in piazza: “Riaprire il prima possibile” fotogallery

Martedì 23 febbraio, alle 18, appuntamento a De Ferrari: "Serve una progettualità, il settore è allo stremo"

"Emergenza Spettacolo", la protesta dei lavoratori in piazza De Ferrari

Genova. Ad un anno dalla prima chiusura dei teatri, il mondo dello spettacolo torna in piazza, per protestare contro una situazione, quella delle chiusure dei luoghi della cultura, che ha già portato seri danni ad un settore cruciale per la nostra società. 

Il coordinamento “Emergenza Spettacolo Liguria” ha organizzato un presidio a De Ferrari martedì 23 febbraio, alle ore 18, lanciando l’evento su facebook, dove in poche ore sono arrivate decine di adesioni: “Chiudere i luoghi di cultura è un modo per non affrontare le complessità di una società in crisi ben prima dell’arrivo del Covid-19 – si legge nel comunicato – La pandemia è stata per molti aspetti una cartina tornasole che ha fatto emergere fragilità pregresse. Qual è l’investimento che si è disposti a mettere in campo a difesa e salvaguardia della cultura? Quali le condizioni per una visione strategica che superi disparità territoriali, progettualità e contributi intermittenti o di breve periodo, che fotografi l’esistente e che riconosca lo spettacolo come servizio essenziale per la comunità? La cultura non è un lusso decorativo che ci si concede solo nei momenti buoni“.

Ed è per questo che dopo la scesa in piazza di molte categorie, anche le tante professionalità del largo mondo di spettacolo e cultura tornano a far sentire la loro voce: “Lo facciamo ad un anno esatto dalla prima chiusura dello spettacolo dal vivo. Torniamo a ribadire come un progetto di cura sociale sia quanto mai necessario per tornare a tessere quei legami di comunità inevitabilmente recisi dalle misure di contenimento e garantire spazi di riflessione collettiva. I luoghi di cultura sono stati troppo a lungo e pesantemente penalizzati, ma con noi a essere penalizzata è stata la società, privata del suo nutrimento culturale, di occasioni di condivisione e di opportunità di riavvicinamento elettivo in un’epoca di distanziamento fisico”.

Un riavvicinamento che deve controbilanciare una setting, anche mentale, in veloce affermazione, come quello del “da remoto”: “L’ancora degli spettacoli e dei concerti in streaming non è e non può essere un appiglio. Non ci ha salvato e non ci salverà, anzi rischia di snaturare un’arte antica quanto il mondo. Chiediamo un piano di ripartenza che restituisca agli operatori e alle operatrici dello spettacolo la dignità del lavoro, che preveda un sostegno alle piccole e medie realtà culturali che rischiano di scomparire e protocolli di sicurezza per aprire il prima possibile i luoghi di cultura e spettacolo. Chiediamo una data, una progettualità. Il settore è allo stremo. La cosa certa è che servono dei tavoli competenti e di vasta rappresentanza per affrontare la questione della ripartenza. I danni si stanno già contando”.

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