Genova. Buon compleanno, Wiśniewski… oggi sono 84 candeline! Lo spunto per questa nuova figurina dell’album dei ricordi blucerchiati, ce lo fornisce una video call, con un paio di amici, uno dei quali milanese, trapiantato a Marsiglia, sotto la “Basilique Notre-Dame-de-la Garde”… Lui non è appassionato di calcio, ma il suo amico sì… è un assiduo frequentatore del Vélodrome, lo stadio dell’Olympique… ed il discettare di calcio, ci ha portati ad una accesa disputa, per stabilire il nome del più forte giocatore francese di tutti i tempi.
Naturalmente il concittadino di Zinédine Yazid Zidane asserisce che è l’attuale allenatore del Real Madrid, mentre Michel François Platini, lo è per il sottoscritto, gravato dal peso del “rimorso”, per aver a suo tempo pontificato (ad inizio inverno dell’82, quando “Le Roi” non si era ancora ambientato in Italia), che l’interista Hansi Müller era più forte di lui.
Per fare da paciere, l’amico franco milanese ha sparigliato le carte, buttando sul tappeto, “les cinq joueurs” che guidavano l’attacco dei “coqs” (i galletti), durante il Mondiale di Svezia, conclusi ai piedi del podio (Wiśniewski, Kopa, Fontaine, Piantoni e Vincent, il quintetto più prolifico d’oltralpe), candidando per il podio Raymond Kopa, tre volte vincitore della Coppa dei Campioni, nei tre anni passati nel Real Madrid, all’epoca “piglia tutto”…
Una provocazione, ma non tanto… data la nomea in Francia di Kopaszewski (nome alla nascita), quasi pareggiata da quella di Maryan Wiśniewski, che il tifoso dell’Olympique ricorda passato nelle fila della Sampdoria, nell’estate del ’63. Provo a contestare, memore di alcune letture sui media italiani, secondo i quali, a Genova, non si era coperto di gloria…
Sollevo un putiferio… Per smentirmi iniziano a smanettare su internet e ad inondarmi di mail, con siti francesi, inneggianti a quell’ala destra, giudicata – a quanto avevo letto – da molti tifosi blucerchiati, poco più di una meteora…
In Francia, la pensano diversamente… scrivono che iniziò come un autentico prodigio, sin dai sui esordi, a 16 anni, nel Lens (93 goal in 277 partite, nella città vicina alla Manica), ma soprattutto quando giocò in Nazionale, a 18 anni (lo definiscono: le plus jeune international français de l’ère moderne, c’est-à-dire de l’après-seconde guerre mondiale) e poi si entusiasmano, descrivendo così un suo goal ai precitati mondiali, contro l’Irlanda del Nord: (il dribble quatre joueurs, avant de tromper le gardien d’une frappe subtile).
Eppure, sembra che qualcuno si sia legato al dito il suo trasferimento alla Sampdoria, perché “après Wiśniewski n’est plus appelé en équipe de France”… Addio Nazionale, anche se Saint-Etienne, Sochaux e Grenoble gli daranno ancora ampi spazi (a fine carriera 457 partite, fra Ligue 1 e Serie A, con 121 reti, oltre a 33 presenze fra i galletti e 12 goal – quando le Nazionali giocavano poco – e con una media complessiva di una marcatura ogni 3,68 incontri… non male per un’ala).
Continuo a leggere i siti francesi… l’ultimo stabilisce che “Maryan Wisniewski aura quand même été un des plus grands prodiges du football français” e mi appassiono, al punto che chiamo il mio relatore sampdoriano dei primi anni ’60, per offrirgli un caffè e farmi raccontare i suoi ricordi di Wiśniewski…
“Era un’ala destra veloce, di grande abilità nel dribbling, che diventava talvolta traboccante… Era di origini polacche e quando venne al Doria era considerato, con Kopa, il calciatore di maggior talento fra i transalpini, una colonna del Lens. Ai mondiali di Svezia, a soli 21 anni, oltre a segnare due goal, con i suoi passaggi smarcanti, fece vincere la classifica dei cannonieri al suo centravanti, Just Fontaine ed era titolare anche nella Francia dei mondiali del ’62, in Cile e quando arrivò alla Sampdoria, solo qualche mese prima, aveva giocato, con i galletti, contro Inghilterra, Olanda e Brasile, andando a segno sia contro i britannici, che con i carioca… Insomma era un giocatore con la G maiuscola”.
E continua convinto: “Quell’anno, contemporaneamente al suo arrivo, lasciarono la Samp, allenata da Ernst Ocwirk, tre vecchie bandiere, il funambolico Tito Cucchiaroni, il centravanti Sergio Brighenti e il ragioniere del centrocampo Azelio Vicini ed i rinforzi si limitarono solo al francese ed a “Paolone Barison”… Wisniewski giocherà comunque quasi tutte le partite (ndr, 31 su 36, con 4 goal) ed il ‘Faro del Prater’ (ndr, Ocwirk) non era certo uno che non conoscesse i buoni giocatori… Ricordo la prima partita di campionato, a Marassi, contro il Messina, con il francese che segnò la rete del 3-1 finale, scattando sul filo del fuorigioco e dribblando il portiere, prima di appoggiare la sfera nella porta vuota”.
Appassionati di statistiche, siamo andati a cercare la formazione di quel giorno (dall’ 1 all’11: Sattolo, Vincenzi, Tomasin, Bergamaschi, Bernasconi, Delfino, Wiśniewski, Frustalupi, Salvi, Da Silva, Tamborini), mentre la nostra memoria storica del calcio anni ’60, riprende: “Giocò una partita strepitosa, sempre a Marassi ed anche allora c’ero, contro quel Bologna di Bernardini, che si aggiudicherà lo scudetto… Era una notturna, si vinse 2-0, con goal di Frustalupi e subito dopo, di quel suonatore di violino che sembrava Wiśniewski”.
Quella Samp si salvò solo con lo spareggio col Modena, in campo neutro a San Siro… il francese non c’era… a segnare ci pensarono Barison e poi… Salvi!
Della stessa serie “Album dei ricordi blucerchiati”:
Bruno Mora, l’ala perfetta
Trevor Francis, “the striker”
Ruud Gullit , “cervo che esce di foresta”
Nacka Skoglund, il re del tunnel
Toninho Cerezo, samba scudetto
Graeme Souness, “Charlie Champagne”
Aleksei Mikhailichenko, la stella dell’Est
Sebastián Verón, “La Brujita”
Luisito Suárez, “El arquitecto” dei primi anni ’70
Tito Cucchiaroni, una leggenda nella storia della Samp
Ernst Ocwirk, il faro del Prater
Giancarlo Salvi, il “golden boy” di Dego
José Ricardo “China” da Silva, il goleador brasileiro
Srecko Katanec, la gazzella slovena
Jorge Toro, dalle Ande agli Appennini Liguri
Luca Vialli, il bomber
Eddie Firmani, il “tacchino freddo”
Ermanno Cristin, il “Nordahlino” di Marassi
Sergio Brighenti, il capocannoniere
Roberto Vieri, la fantasia al potere
Mario Frustalupi, il piccolo grande” regista
Gaudenzio Bernasconi, l’orsacchiotto
Fausto Pari, una vita da mediano
Giovanni Invernizzi, la classe operaia in paradiso
Walter Zenga, l’uomo ragno
Giovanni Lodetti, da “basleta” a “baciccia”
Attilio Lombardo, il “Popeye”
Valter Alfredo Novellino, il Monzon della panchina
Alessandro, “il conquistatore” Scanziani
Enrico Nicolini, “il Netzer di Quezzi””
Loris Boni, il “baffo” col numero 8
Boškov e Veselinović, gli jugoslavi