Genova. “Proprio nel bel mezzo di una riunione sulla sicurezza in porto, è arrivata la notizia di incidente nei pressi del varco Etiopia a Genova. Non abbiamo certezze sulla dinamica dell’incidente ma sappiamo che cosa chiediamo da mesi: sicurezza. Ormai da troppo tempo sollecitiamo le istituzioni – Autorità di sistema portuale e Prefettura – sul tema della sicurezza nella vigilanza privata che opera ai varchi portuali. Sull’argomento occorre un tavolo vero, con una regia istituzionale forte che non può prescindere dalla presenza e dal coordinamento della Prefettura di Genova.”. Lo ricordano in una nota Fabio Servidei, segretario regionale organizzativo Uil Liguria e Riccardo Serri, segretario generale Uiltucs Liguria.
“A mancare sono i controlli capillari che abbiamo chiesto nel tempo alla Asl, ad essere sempre presenti, invece, sono gli appalti al massimo ribasso che si traducono in risparmi sul costo del lavoro, quindi anche su formazione e sicurezza. I luoghi preposti al servizio, come abbiamo visto, non sono sicuri”.
“In particolare, nel lavoro di vigilanza all’interno del porto di Genova esistono rischi elevati, a cominciare da un mancato ammodernamento degli apparati di ingresso, da una carente informatizzazione e da una gestione lacunosa del grande traffico pesante divenuto ormai ingestibile. Gli altri aspetti da tenere in considerazione riguardano l’esposizione alle polveri sottili e lo stress elevato: gli operatori della vigilanza privata sono in pericolo ma le istituzioni non fanno nulla – concludono – Ormai è chiaro: coloro che sono preposti a vigilare non operano in tal senso. Chiediamo, quindi, all’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale e alle aziende che operano in committenza di verificare, una volta per tutte, lo standard di sicurezza in cui i lavoratori sono costretti a portare avanti le attività e di prendere provvedimenti per migliorare la vita lavorativa dei vigilanti. Non possiamo più accettare che i lavoratori corrano pericoli seri sul lavoro, non è da paese civile. Ricordiamo che, da quando sono sparite le tariffe prefettizie abbiamo assisto a vere e proprie catene di Sant’Antonio di appalti e subappalti, passaggi che hanno consentito nel tempo di lucrare su questi lavoratori che attendono ancora il rinnovo del contratto dopo quasi cinque anni.