"aerei di carta"

“Piaggio Aero e l’intrigo geopolitico, a pagare i lavoratori”, l’inchiesta di Report video

Da Alitalia alla vicenda dell'azienda aeronautica di Villanova e Genova nella trasmissione di Rai 3, tra misteri e responsabilità

Liguria. Un aereo di carta, come quelli che iniziano a fare tanti bambini, che non ha bisogno di piloti… Un soffio, si lancia e vola… Una metafora che racconta e ripercorre due vicende intrecciate, quella di Alitalia e quella della Piaggio Aerospace. E’ la nota trasmissione Report di Rai 3 andata in onda ieri sera a storicizzare gli anni da 2014 al 2018, a riesaminare atti e documenti che hanno portato le due aziende sull’orlo del fallimento, proprio nei giorni in cui il governo Conte ha deciso di stanziare 3 miliardi di euro per salvare Alitalia, con altri soldi pubblici messi in campo a sostegno di imprese italiane.

Perché? Politica, ma non politica industriale, bensì un complicato intreccio geopolitico che vede nei rapporti tra Italia ed Emirati Arabi Uniti la sua motivazione fondante. Etihad, una partnership per Alitalia e Mubadala per Piaggio Aerospace, che nel maggio del 2014 è arrivata a detenere il 98,05% del capitale di una azienda strategica italiana, in particolare nell’ambito delle tecnologie militari e del prototipo del drone P1HH. E’ propria quest’ultima a finire nel “mirino” dell’inchiesta di Report, con riferimento all’attuale status di amministrazione controllata dell’azienda aeronautica, con un epilogo nel quale il prezzo più alto è stato pagato, in maniera salata, dai tanti lavoratori licenziati o in cassa integrazione.

Indubbiamente una ricostruzione che non mancherà di suscitare polemiche e reazioni, nonostante i punti-chiave della vicenda siano già finiti sotto i riflettori, anche perché non c’è stato il controllo pubblico previsto dal decreto Golden Power e lo sbandierato rilancio industriale è stato affossato in nome di una volontà straniera, che aveva come obiettivo unico il drone e le sue applicazioni militari, sia di controllo quanto di arma vera e propria, con l’ok esplicito del governo italiano, del premier Renzi e del ministro della Difesa Pinotti. L’ex presidente del Consiglio, che aveva inaugurato il nuovo stabilimento a Villanova d’Albenga nel 2014, si è mostrato indispettito dalle domande del giornalista di Report: “Quella della Piaggio è una lunga storia… Se sono andato a dire nelle fabbriche forza ce la faremo? E’ vero, così come ho fatto in altre realtà industriali”.

Quanto ai meccanismi di controllo previsti proprio dal decreto sulla Golden Power? “Il premier controfirma tutti gli atti del Consiglio dei Ministri e non era un meccanismo con diretta azione sull’esercizio finanziario (in riferimento al fatto che la Piaggio per tre anni non ha presentato i bilanci)”. Una “linea difensiva” sostenuta anche dall’ex ministro della Difesa Roberta Pinotti, che aveva nominato Enzo Vecciarelli, attuale Capo di Stato Maggiore della Difesa, come coordinatore dell’operazione Piaggio: “Riguardava il controllo su ingerenze straniere nelle produzioni sensibili dell’industria italiana, come nel caso di Piaggio e delle tecnologie militari. Tutto è stato fatto a norma di legge” ha sottolineato l’ex ministro incalzata dal giornalista.

Villanova - visita Renzi a Piaggio

E poi due i misteri: l’arrivo in gran segreto del prototipo di drone negli Emirati Arabi e un secondo drone finito in mare (alcuni dicono volontariamente), sul quale è ancora pendente una inchiesta della magistratura. Lo strano incidente era stato raccontato in prima battuta dai colleghi di IVG.it, quando il drone P1HH decollato dall’aeroporto di Trapani era precipitato nelle profonde acque del Mediterraneo, con la carte dell’Aeronautica militare in un primo tempo secretate.

L’inchiesta rivela come la vicenda Piaggio Aerospace abbia incarnato l’essenza della nuova e post-moderna dimensione “glocal”, intesa come globale e locale, nel senso che una precisa politica di relazioni internazionali si è catapultata su una realtà locale come quella ligure e savonese, gli stabilimenti di Villanova d’Albenga e quello di Genova. Ma proprio senza questo contesto non si può capire le criticità attuali, la vertenza industriale e sindacale ancora in corso, nel quadro di una amministrazione controllata che si appresta, attraverso un bando, alla vendita dell’azienda aeronautica: “Abbiamo ancora in testa la frase di Renzi nel 2014: l’operazione Piaggio non ha nulla a che fare con quella di Alitalia… Ma sappiamo tutti come è andata a finire…” ha ricordato Adriano Spallarossa della Rsu-Fiom Cgil. Del resto anche le organizzazioni sindacali savonesi e genovesi non hanno mai rinunciato a rimarcare alcune stranezze gestionali, costate care alle maestranze e alle stesse professionalità dell’azienda aeronautica.

La svolta è stata quando gli Emirati Arabi hanno avuto via libera dagli Stati Uniti per la commessa sui droni, prima negata: un No che aveva spinto gli arabi alla “partnership” italiana con tutte le sue conseguenze nefaste. Dalla loro progressiva dismissione ai libri in tribunale il passaggio è stato assai rapido.

E Report suggella la sua inchiesta proprio parlando delle mail dell’allora amministratore delegato Carlo Logli indirizzate al fondo arabo, nelle quali esprimeva dure critiche sull’operato dell’ex presidente di Piaggio Alberto Galassi. Tutta questa ricostruzione non fa che alimentare rabbia e frustrazione, man mano che i nodi vengono al pettine, fermo restando che addetti ai lavori e gli stessi sindacati di categoria, che da anni seguono “il caso”, avevano già puntato il dito contro operazioni ritenute sbagliate e un management ritenuto colpevole del “disastro”, per una azienda che avrebbe invece potuto spiccare il volo nel settore civile e militare. Qualcosa, è chiaro, non ha funzionato…

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