Intervista

L’infettivologa del San Martino: “Vi spiego perché il vaccino anti Covid è più sicuro degli altri”

Il punto con Chiara Dentone: "Il rischio più grande è che sia meno efficace del previsto, ma sono ottimista"

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Genova. Le strutture sanitarie lo riceveranno ai primi di gennaio, poi partirà la campagna di massa con 202 milioni di dosi che verranno somministrate gratuitamente. Qualcuno farà la corsa per averlo prima degli altri, molti terranno un atteggiamento attendista, altri hanno già deciso di astenersi visto che probabilmente non sarà obbligatorio. Mentre il mondo si prepara al vaccino anti-Covid, noi abbiamo cercato di capire qualcosa in più del suo funzionamento con l’aiuto di Chiara Dentone, infettivologa dell’ospedale San Martino di Genova che lavora nell’équipe di Matteo Bassetti ed è specializzata in materia.

È vero che questo vaccino funziona in maniera diversa dagli altri?

Quelli realizzati da Pfizer e Moderna sono tra i primi vaccini a mRna ed è la prima volta che verrà somministrato alla popolazione un vaccino di questo tipo, anche se ce n’erano già altri due in sperimentazione. Gli altri vaccini di uso comune funzionano grazie all’inoculazione di virus vivi inattivati o attenuati, questo invece contiene solo una particella, che è l’Rna messaggero. In pratica si tratta di quella molecola che trasporta informazioni del nostro Dna dal nucleo a un’altra parte della cellula.

E qual è il vantaggio?

In questi vaccini si può inserire una sequenza genetica che induce la produzione di altre proteine, cioè antigeni che determinano una risposta immunitaria nell’organismo. In particolare l’Rna messaggero viene vincolato all’interno di goccioline lipidiche che codificano la proteina spike Rbd, quella che permette al coronavirus di infettare le cellule. In questo modo, quando il virus tenterà di introdursi nelle cellule, il meccanismo verrà attivato in automatico e non dovrei infettarmi.

Dunque non c’è il rischio di ammalarsi di Covid vaccinandosi?

Sembrerebbe di no, e questa sarebbe la svolta. Vedremo poi i dati nelle grandi quantità di persone vaccinate.

Ma allora qual è il rischio più grande di questo vaccino?

In verità questo è molto più sicuro degli altri vaccini proprio perché non contiene un virus attenuato, ma un’informazione completamente diversa. Questo potrebbe renderlo più fruibile e sicuro.  Il vaccino AstraZeneca, invece, ha un vettore virale e non nanoparticelle lipidiche, quindi potrebbe essere più rischioso rispetto a un vettore non virale come quello che hanno usato altre aziende. La grande sfida, insomma, sarà vedere se funziona.

Ci sta dicendo che il rischio maggiore sarà che risulti meno efficace del previsto?

In effetti è proprio così. E per questo sarà ben più rischioso non fare campagne vaccinali adeguate. In Inghilterra stanno per iniziare, noi avremo un mese di vantaggio per vedere che cosa succede. Io sono molto fiduciosa, si tratta di una grande innovazione che potrebbe offrire risultati sorprendenti in futuro e comunque rappresenta un’opportunità di sconfiggere la pandemia.

Secondo lei allora è giusto che non sia reso obbligatorio?

D’istinto forse risponderei di no, memore della situazione che abbiamo vissuto qui a marzo-aprile e fino a poche settimane fa. Mi verrebbe da dire che gradirei l’obbligatorietà perché abbiamo avuto tanti morti. La scelta più etica è quella di non renderlo obbligatorio ma fortemente raccomandato, affidandosi al senso civico della popolazione. Teniamo presente che per avere una copertura ottimale bisognerebbe vaccinare circa il 60-70% della popolazione, non solo le fasce più a rischio, ma in maniera trasversale. Ovviamente i giovani dovranno riceverlo in seguito.

Eppure ci sarà qualche possibile effetto collaterale.

Gli studi condotti hanno evidenziato minimi effetti locali, come arrossamento o dolore dove viene inoculato il vaccino, fino a minimi effetti sistemici come febbre e cefalea. Altri problemi non sono noti al momento. Dopodiché bisognerà davvero fare una sorta di atto di fede, mi passi il termine, nei confronti della scienza. Visto il livello di pandemia a cui siamo arrivati avere il vaccino è una svolta radicale.

Potrebbe funzionare in maniera diversa a seconda delle persone?

Sì, perché la risposta immunitaria è variabile. Il meccanismo del booster, cioè la seconda dose somministrata a distanza di quattro settimane, dovrebbe servire da impulso per produrre più anticorpi. Farà comunque parte dello stesso pacchetto vaccinale.

Quanto dura l’immunità offerta dal vaccino?

La risposta anticorpale sembra in grado di proteggere il paziente fino a 6-8 mesi dalla somministrazione del vaccino, ma i dati sono ancora riferiti a un periodo di tempo troppo breve. Potrebbe esserci una sorta di annualità, cioè la necessità di ripetere la vaccinazione come avviene con l’influenza. Al momento il virus in circolazione sembrerebbe essere sempre lo stesso con mutazioni minori che però non hanno modificato il suo assetto.

Lei è ottimista?

Personalmente ci credo molto. Ovviamente avremo tutta una parte di negazionisti e no-vax che vedranno solo tutta la parte negativa. Io lavoro in questo ambito, consulto articoli e lavori scientifici, mi fido e perciò lo sponsorizzo.

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