Confronto

Coronavirus, al San Martino mortalità dimezzata durante la seconda ondata

A dirlo Matteo Bassetti: "Il 38% dei pazienti trattato con il remdesivir"

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Genova. Durante la seconda ondata dell’epidemia da coronavirus che ha colpito anche la nostra città, presso il reparto di malattie infettive del San Martino di Genova la mortalità dei pazienti ricoverati per covid si è praticamente dimezzata. A dirlo Matteo Bassetti, responsabile clinica Malattia infettive dell’ospedale policlinico durante il consueto punto stampa sulla emergenza sanitaria in corso: i dati raccolti in questi mesi dalle dottoresse Dentone e Pontunato, permettono di fare un confronto tra la prima e la seconda ondata, e le differenze sono evidenti

Presi in esame due periodi, dal 24 febbraio al 30 maggio e dal 30 agosto al 30 novembre, che hanno visto “passare” in reparto rispettivamente 285 e 261 pazienti, con un’età media di 68 e 66 anni. Nel primo caso la mortalità registrata è arrivata al 21%, mentre nei tre mesi appena trascorsi si è “fermata” al 10%, con, rispettivamente, 60 decessi contro 27.

“Dati che dimostrano l’efficacia delle cure”, ha sottolineato Bassetti, segnalando anche che la positività media è scesa da 11 giorni a 9, anche se è aumentata l’attesa tra l’esordio dei sintomi e il ricovero in ospedale, passata da 7 a 8 giorni. “Vorrei sottolineare come nella prima ondata il trattamento con il remdesivir ha interessato il 2% dei pazienti che avevamo in cura, nella seconda ondata la percentuale di trattamento è arrivata al 38%, segno che anche questo farmaco ha influito su questi dati”.

Da qua lo spunto per un commento sul via libera all’utilizzo dell’idrossiclorochina per curare il Covid-19 arrivato oggi dal Consiglio di Stato: “Se la terapia delle malattie infettive la devono fare i giudici, ci adegueremo. Spero e mi auguro che l’Italia sia un Paese che basa ancora le proprie raccomandazioni sull’evidenza scientifica e l’evidenza medica – ha detto rispondendo al corrispondente della agenzia Dire – Se le basassimo su altre cose, il mondo scientifico farebbe un passo indietro. Non sono io che contesto l’efficacia dell’idrossiclorochina, è la scienza che la contesta – ha aggiunto l’infettivologo -. Se vogliamo fare della medicina basata sull’evidenza, che è quella che da sempre porto avanti, l’evidenza dice che ci sono dieci studi randomizzati e pubblicati sulle più prestigiose riviste del mondo che dicono che l’idrossiclorochina non solo non serve nella prevenzione, ma neanche nella terapia”.

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