Genova. “Alla notte ti giuro che io non dormo, e non è facile dirti quello che proviamo. Stacci più vicino e tienici per mano, scendi dal cielo e dacci ancora un ultimo abbraccio“. Sullo schermo scorrono le immagini di Pedegoli piena di fiori e striscioni, del corteo dei ragazzi in scooter, dei palloncini gialli che prendono il volo per salutare Gaia Morassutti ancora un’ultima volta.
Le parole sono quelle di Mattia Albani, un 18enne di Quezzi che ha dedicato una canzone in stile trap all’amica morta dopo l’incidente del 24 ottobre. Quella sera, come tante altre, lui era in piazzetta a chiacchierare con gli amici. Li aveva salutati poco prima del disastro per accompagnare a casa la sua ragazza. Poi, dopo le 23, ha ricevuto una telefonata e si è precipitato di nuovo sul posto. Ha incrociato l’auto di Luca Bottaro, ha provato a inseguirla ma l’ha persa di vista.
Mattia e Gaia erano molto legati e così il suo ultimo gesto d’amicizia è diventato un omaggio in musica. Ed è solo l’ultima delle tante manifestazioni spontanee di dolore e di amore che hanno accompagnato il lutto di questi giorni. Il terribile schianto di quel sabato sera, ormai quasi un mese fa, ha aperto una ferita profonda nel cuore di una comunità che adesso si scopre unita come forse non era mai stata.
E che parla anzitutto con la voce dei suoi adolescenti, come Gaia e come Mattia, frequentatori assidui delle piazzette e dei muretti, esattamente quello che facevano gli adulti e gli anziani di oggi quando il quartiere era ancora un paese. Anche per questo la perdita di una vita giovanissima riguarda tutte le generazioni.
“C’è bastato un minuto, c’è bastato un secondo per perderci tra noi“, canta la voce di Mattia nel video condiviso sui gruppi social di Quezzi. In quel secondo l’auto guidata dal 23enne Luca Bottaro fa irruzione in un tranquillo slargo con una manciata di panchine e scatena l’inferno. Un motorino travolto nell’impatto prende fuoco, due ragazze rimangono incastrate sotto, gli abitanti scesi in strada fanno di tutto per liberarle e per spegnere le fiamme.
Nel frattempo l’autore dell’incidente e i tre passeggeri che erano a bordo fuggono via. Quattro amiche finiscono in ospedale, una di loro è incinta. Gaia morirà diciannove giorni dopo al Villa Scassi per le gravissime ustioni sul suo corpo. Il giorno prima del suo funerale verrà al mondo il piccolo Brian. Incroci del destino che un po’ fanno pensare.
“Bella come un raggio che ti accarezza il viso quando tutto è appannato“. Gaia aveva sedici anni e frequentava il liceo Pertini in via Cesare Battisti. Ora i suoi compagni vogliono dedicarle un’aula mentre il quartiere ha organizzato una raccolta fondi per ricordarla con una targa in piazzetta Pedegoli. I soldi vengono raccolti al bar Jestin di via Pinetti, a pochi metri dal palazzo di via Ammarengo dove abitava con la mamma e la sorellina 13enne. La somma avanzata sarà donata alla famiglia.
Intanto Quezzi è ancora colorata di giallo. Perché a lei sarebbe piaciuto così.