Genova. Inizia tra le polemiche il nuovo corso del consiglio regionale in Liguria. A far discutere è la scelta del presidente Toti di far dimettere dal ruolo di consigliere i cinque assessori entrati in giunta in funzione dei voti conquistati, una condizione imposta a tutti i partiti della coalizione già prima delle elezioni e ribadita a poche ore dalla chiusura delle urne. Scelta contestata invece dall’opposizione che punta il dito contro l’aumento dei costi per la Regione visto che bisognerà pagare lo stipendio a coloro che subentrano nell’aula di via Fieschi.
“Queste dimissioni di massa avvengono per ragioni che non sono di efficienza, ma di composizione politica – ha attaccato il capogruppo del Pd Luca Garibaldi -. È una caduta di credibilità delle istituzioni e una scelta di scarsa sobrietà per i costi della politica perché questa operazione vale circa 700mila euro annui per la nostra regione”. Per Fabio Tosi, capogruppo del Movimento 5 Stelle, “si poteva aspettare qualche mese, anche un anno, per non creare un ulteriore costo a carico dell’ente”.
“A mio avviso si tratta di manifesta arroganza del potere. È un patto che non interessa i cittadini, ne facevamo volentieri a meno”, accusa Gianni Pastorino di Linea Condivisa. Mentre per Ferruccio Sansa “questa scelta ha due limiti: gli assessori si sono candidati solo per prendere i voti, già sapendo che non avrebbero fatto i consiglieri, inoltre viene il dubbio che la vostra classe dirigente sia un po’ numericamente limitata, se dovete fare questi passaggi da una fase all’altra”.
Per Toti, che parla di “discussione sterile e demagogica” non si tratta solo di una scelta politica. Come hanno ricordato altri consiglieri del centrodestra, nella scorsa legislatura erano frequenti i casi in cui la maggioranza – allora risicata, oggi molto più ampia – aveva bisogno che fossero tutti presenti in aula per far approvare i provvedimenti. E questo comportava un problema per gli assessori votanti che nel frattempo dovevano dedicarsi al lavoro imposto dalle proprie deleghe, ma non potevano assentarsi durante il consiglio.
“Ma non è solo una ragione di efficienza – ha replicato Toti – c’è una motivazione in più. E cioè che la giunta non sia predominante sulle decisioni del consiglio. È anche una questione di equilibrio democratico, ma quando il piede scivola sulla demagogia si perde di vista la democrazia. Otto voti in un consiglio di 31 persone rappresentano una percentuale importante, potrebbero teoricamente inficiare il libero dibattito e influenzare il voto in senso favorevole al governo. Sterilizzare il voto della giunta – ha concluso Toti – è un buon segno di democrazia”.
A lasciare il seggio in consiglio, come previsto, sono Alessandro Piana (Lega), Giacomo Giampedrone, Marco Scajola, Ilaria Cavo (Cambiamo con Toti) e Gianni Berrino (Fratelli d’Italia). Le surroghe sono state votate dal consiglio con i soli voti della maggioranza. Al loro posto subentrano quindi rispettivamente Mabel Riolfo, assessore comunale a Ventimiglia; Daniela Menini, dirgente della Cisl spezzina; Chiara Cerri, vicesindaca di Taggia; Giovanni Boitano, consigliere regionale uscente; Veronica Russo, consigliera comunale a Vallecrosia.