Genova. Tra qualche mese davanti alla Lanterna non ci saranno più quegli “scatoloni” a scacchi bianco-rossi che rovinano il panorama a chi entra in porto dal mare.
È entrata infatti nella fase cruciale la demolizione dell’ex centrale a carbone Enel, impianto ormai dismesso che sparirà sì dalla vista, ma solo per la parte non vincolata dalla Soprintendenza. Il futuro di quelle aree è avvolto perlopiù nell’incertezza, anche se rimane vivo il sogno di trasformarle in un museo aperto a genovesi e turisti.
La centrale, costruita tra il 1927 e il 1929 per far fronte alle crescenti esigenze energetiche del porto e della città, era stata ampliata negli anni Cinquanta con nuove turbine e caldaie. È rimasta perfettamente in funzione fino al 2016, quando Enel ha deciso di dismetterla.
A gennaio del 2019 l’Aipai (associazione italiana per il patrimonio di archeologia industriale) e Italia Nostra, con la collaborazione dell’Università di Genova, sono riuscite a far vincolare dalla Soprintendenza non solo gli edifici storici, ma anche una parte degli impianti tra cui il bunker del carbone, le turbine e una caldaia. Una novità pressoché assoluta in Liguria e non priva di difficoltà, visto che della dotazione originaria risalente agli anni Venti e Trenta era rimasto poco o nulla.
Negli ultimi giorni le gru hanno iniziato a smontare la parte più impattante alla vista, i quattro elettrofiltri aggiunti nel 1984 per mitigare le emissioni inquinanti. Terminata questa operazione la centrale tornerà più simile alla configurazione descritta dal progetto originario che la vedeva più bassa rispetto alla base della Lanterna. Di fronte al faro simbolo di Genova rimarrà in piedi solo una struttura più recente, posta a copertura della terza caldaia. Altre parti, pur non essendo vincolate, saranno conservate, come la palazzina longitudinale diventata sede degli uffici, aggiunta anche questa nel secondo dopoguerra.
E poi, che ne sarà della vecchia centrale a carbone? Dopo il 2021 scadrà la concessione a Enel e tutto tornerà in mano al legittimo proprietario, che è l’Autorità di sistema portuale. “Purtroppo, trovandosi in un’area portuale l’idea del riuso urbano sarà difficile da perseguire – spiega Sara De Maestri, docente di architettura all’Università di Genova e consigliera nazionale dell’Aipai che ha seguito in prima linea il dossier -. L’Autorità dovrà individuare una soluzione compatibile con la struttura, rispettosa della Lanterna e che abbia una parte di utilizzo urbano e non esclusivamente industriale”.
L’idea degli studiosi che hanno vinto la battaglia per il vincolo architettonico era quella di una trasformazione integrale in museo, ma l’area è troppo ghiotta per i terminalisti e probabilmente sarà impensabile che nessun operatore arrivi a metterci le mani. Senza contare che sullo spostamento dei depositi chimici di Multedo, nonostante una delibera di Tursi che autorizza a collocarli alla foce del Polcevera, non è ancora detta l’ultima parola e l’ipotesi di piazzarli sotto la Lanterna rimane sullo sfondo (Superba ha presentato un’istanza per la concessione già nel 2017 e ultimamente è tornata alla carica).
“Abbiamo chiesto diverse volte un incontro – aggiunge De Maestri – e probabilmente tra qualche mese torneremo a invitare i diversi enti interessati per riuscire a individuare una possibilità di riuso, il Comune di Genova e lo stesso Muma (che gestisce la Lanterna, ndr). Speriamo di trovare un accordo, anche se le intenzioni sono diverse. Anche un deposito container da solo non risolverebbe la situazione”.
I motivi di interesse, oltre alla parte impiantistica, sono molteplici. Il complesso originario, costituito da corpi di fabbrica di diverse altezze affiancati, è stato realizzato dalle officine Savigliano di Torino con una struttura in pilastri e travi reticolari di ferro chiodato. L’area su cui sorge la centrale sorge su riempimento costituito da materiali di riporto.
Sotto il piano di calpestio è stato costruito un canale per convogliare le acque marine, da cui veniva prelevata l’acqua per il raffreddamento dei condensatori e dell’olio delle turbine. Quanto questo patrimonio sarà accessibile e visitabile, però, è ancora tutto da decidere.
Photo credits: la foto di copertina è di Andrea De Caro, le altre foto attuali sono di Carola Merello, mentre quelle storiche sono state messe a disposizione dall’archivio Enel.