Genova. “I pronto soccorso sono intasati perché la gente ha paura, molti dovrebbero farsi curare a casa“. È la tesi che negli scorsi giorni hanno portato avanti Angelo Gratarola (primario del San Martino e coordinatore di tutto il dipartimento regionale di emergenza-urgenza) e di conseguenza il presidente Giovanni Toti mentre si assisteva al collasso delle strutture invase da ambulanze in coda e pazienti ammassati nei corridoi, situazione che ha fatto scattare anche un’inchiesta della Procura. Ma dalla centrale del 118 di Genova la lettura della situazione è ben diversa: “Se una persona chiama perché si sente male prevale sempre la prudenza e lo portiamo all’ospedale. E ci mancherebbe altro che non lo facessimo”.
A parlare è Francesco Bermano, direttore del servizio di emergenza territoriale 112/118, che il coronavirus l’ha vissuto sulla propria pelle a marzo: “Io stesso, che sono un medico, ero a casa e non riuscivo a giudicare in maniera chiara la mia situazione – racconta a Genova24 -. Sono andato in ospedale, mi hanno fatto una lastra e ho capito che avevo una polmonite interstiziale. Non possiamo dire a un paziente che sta male di starsene tranquillo a casa, se una persona lamenta certi sintomi è normale rispettare il criterio della maggiore prudenza”.
Il problema degli “accessi impropri” in ospedale era stato sollevato la settimana scorsa proprio dal San Martino. Prima con le parole dell’infettivologo Matteo Bassetti che ha attribuito il pienone negli ospedali alla “comunicazione schizofrenica fatta di terrorismo e di sensazionalismo”, poi con quelle di Angelo Gratarola secondo cui in pronto soccorso ci sono “tantissimi pazienti che vengono con una sintomatologia di tipo influenzale, febbre, un po’ di tosse, mialgie, occhi rossi mal di testa”: persone che arrivano “solo perché hanno paura o perché vogliono fare il tampone” e che invece dovrebbero chiamare il medico e stare a casa.
Ma allora dov’è l’inghippo? È vero che le ambulanze portano in ospedale persone che non dovrebbero trovarsi lì? “Rispetto a marzo-aprile non c’è confronto, lì sì che c’era il panico – ribatte Bermano -. Adesso ci sono persone che chiamano il 112 perché hanno paura e noi le rinviamo al medico curante, ma sono meno di una volta. Se c’è un problema sanitario la telefonata passa al 118 che fa un’intervista più accurata. E se la persona necessità di essere ricoverata si manda l’ambulanza”.
Quindi non è vero che c’è un tema di accessi impropri? “Dobbiamo tenere conto del quadro complessivo – spiega Bermano -. Ci sono persone spaventate, persone sole, situazioni particolari. Una persona anziana magari in teoria potrebbe essere gestita a casa, ma poi ci va davvero qualcuno? Non possiamo vedere il bianco e il nero, ci sono tante sfumature”.
Ma rispetto a chi dice che la soluzione sarebbe potenziare l’assistenza domiciliare, il direttore del 118 è tranchant: “Siamo in guerra, c’è poco da fare. Dobbiamo fare delle scelte. Sono perfettamente d’accordo che le persone vadano curate preferibilmente a casa loro, ma quando ciò non è possibile è inevitabile che arrivino in ospedale. Bisogna privilegiare l’assistenza ospedaliera, è lì che la gente muore, il resto sono pannicelli caldi. Non possiamo lasciare a casa nessuno che ha bisogno di un ricovero. Bisogna fare tutti gli sforzi possibili per rendere gli ospedali adatti a ospitare i pazienti”.

Nel frattempo anche oggi la situazione negli ospedali genovesi appare grave. Alle 11.25 ci sono 22 pazienti in attesa al San Martino (15 codici gialli), 11 al Galliera (4 codici gialli). Quelli in visita sono ben 73 al San Martino (12 codici rossi e 45 codici gialli) e 40 al Galliera (5 codici rossi e 20 gialli) mentre al Villa Scassi è pienissima l’osservazione breve intensiva con 103 pazienti, e questo nonostante l’attivazione dell’Evangelico sabato scorso come ospedale Covid.
Per ora, nonostante i tempi di attesa fuori dai pronto soccorso siano dilatati a dismisura, non c’è carenza di ambulanze, spiega Bermano. A essere sotto stress è invece la centrale del 118: “Di 36 operatori ne mancano sette, abbiamo avuto anche alcuni casi di coronavirus”. Secondo fonti interne ci sarebbero infatti due persone positive tra gli operatori del numero unico 112. “Più di questo non possiamo fare, è impossibile rispettare i tempi di risposta”, sospira il direttore. Per questo, al di là della “maggiore prudenza”, il consiglio resta lo stesso: “Prima chiamate il medico di famiglia. Poi però, se state male, chiamate il 112, ci mancherebbe altro”.
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