Genova. Nuovo capitolo nella difficile corsa ad ostacoli intrapresa dal governo per l’acquisto di Autostrade per l’Italia da Atlantia, la società per azioni controllata dalla famiglia Benetton che ad oggi possiede l’88% del pacchetto azionario di Aspi.
Secondo quanto emerso dalla riunione tenutasi ieri, Cassa depositi e prestiti, controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha valutato l’azienda che oggi ha in concessione la metà delle autostrade nazionali in 9,5 miliardi, ben al di sotto di quanto richiesto dagli azionisti di Atlantia, che stimavano il peso di mercato in 12 miliardi.
Rispedite dunque al mittente le richieste di un innalzamento dell’offerta, anche grazie all’intervento di due fondi internazionali entrati nella partita con Cdp: si tratta di Blackstone, americano, e Macquaire, australiano specializzato in infrastrutture, due colossi della finanza mondiale, che acquisirebbero entrambe il 30 del pacchetto acquisito di Aspi (l’88% oggi in mano ad Atlantia) lasciando il 40 ad Cdp, che rimarrebbe quindi il socio di maggioranza. Secondo l’accordo, che prevede la creazione di una società ad hoc, la Cdp inoltre potrebbe cedere in un secondo tempo un 10% per l’ingresso di altri partner ‘italiani’. Secondo alcune indiscrezioni giornalistiche, l’assetto sarebbe “gradito” ad Atlantia, che però non sarebbe d’accordo sulla valutazione finale della società. Questa soluzione porterebbe nelle tasche dei Benetton tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro.
A questo prezzo si sarebbe arrivati grazie ad un calcolo preventivo che possa ammortizzare tutte le eventuali spese e risarcimenti dovuti al crollo dei Ponte Morandi, ad oggi calcolato come un volume potenziale di circa 3 miliardi. Prima del crollo, il valore di Aspi si aggirava sui 15 miliardi di euro, secondo le stime dei suoi azionisti.
Esistono tuttavia ancora dei nodi da sciogliere: uno di questi sarebbe il via libera al piano finanziario presentato da Autostrade che prevede un aumento dei pedaggi fino all’1,7% l’anno, finalizzato ad finanziare i promessi investimenti sulla rete, che quindi potrebbero essere pagati anche dagli automobilisti. Una cifra considerata troppo alta anche dal ministro De Micheli. Se la proposta sarà accettata, potrà partire la fase della “due dilingence”, che in 10 settimane potrebbe portare all’accordo definitivo.
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