L'intervista

Torre piloti, la tenacia di Adele Chiello Tusa: “Mi avevano definita matta, è stata fatta giustizia””

La mamma di Giuseppe, morto nel crollo, ricorda le altri 'stragi' italiane, dal Vajont a Ponte Morandi e dice: "Bisogna andare avanti senza paura, intanto dopo che ti ammazzano un figlio cosa può accaderti di peggio?"

Genova. E’ grazie alla sua tenacia, quella di una donna che non si è mai arresa e ha fatto la spola in questi sette anni tra la sua Sicilia e Genova con la foto stampata e tenuta stretta del figlio Giuseppe se oggi un’altra sentenza ha fatto emergere nuove responsabilità per il crollo della torre piloti al Molo Giano, il 7 marzo 2013.

Morirono nove persone che in quella torre lavoravano e così, dopo le condanne nel filone principale del processo per i responsabili della Jolly nero, oggi il tribunale di Genova ha condannato i “datori di lavoro” delle vittime.

Ed è stata proprio Adele Chiello Tusa a presentare un esposto su questo punto e a convincere un giudice che andavano fatti approfondimenti su questo aspetto tutt’altro che collaterale. “Abbiamo dimostrato che il responsabile è il datore di lavoro cioè l’ammiraglio Angrisano – dice Adele Chiello Tusa appena dopo la sentenza – che non è responsabile solo dei 9 morti ma anche della sicurezza del porto di Genova. Mi avevano definita matta, questa è la verità che finalmente è uscita fuori”

“Questa non è vendetta – aggiunge la donna affiancata da parenti e avvocati – E’ stata fatta giustizia, una giustizia di cui i morti non hanno più bisogno ma ne hanno i vivi”.

A supportarla ci sono i parenti delle vittime di Viareggio e l’associazione Vittime del lavoro. “Mi auguro che questa sentenza possa essere da monito per tutti quelli che antepongono il dio denaro alla vita dell’uomo e non parlo solo del crollo della torre ma di tutte le stragi italiane: dal Vajont a Ustica a Viareggio al ponte Morandi, un ponte crollato mentre società autostrade sapeva bene che era da rifare”.

“Giuseppe non ha più bisogno di sicurezza – aggiunge interrompendosi un secondo per l’emozione – sono i figli di questo Paese che hanno bisogno di sicurezza. Ci siamo dimenticati delle scuole. Questo deve essere un monito per le istituzioni perché sono loro che devono garantire la sicurezza della vita umana a ogni cittadino”

Al termine dell’ennesima battaglia legale Tusa ribadisce che “bisogna avere fiducia e andare avanti. E non avere paura di niente, tanto il peggio me lo hanno già fatto: mi hanno ammazzato un figlio, di cos’altro dovrei avere paura?”

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