Genova. Nonostante fossero note da anni alcune criticità strutturali all’oleodotto, non vennero presi provvedimenti tempestivi, tanto che il 17 aprile del 2016, in uno dei tratti considerati a rischio, si aprì uno squarcio di 15 centimetri che fece fuoriuscire circa 500 metri cubi di greggio che finirono prima nei rii Pianego e Fegino, e poi nel Polcevera.
Per questi motivi è stato accolto il patteggiamento richiesto dai legali di Vincenzo Columbo, allora direttore dello stabilimento, e di Iplom, imputati, rispettivamente di inquinamento ambientale colposo e illecito amministrativo. Patteggiamento che riconosce quindi le responsabilità dell’accaduto, chiudendo il processo con pene ridotte: al direttore è stata disposta una condanna ad un anno (con sospensione condizionale) e una multa di 5 mila euro, mentre alla azienda una multa di 150 mila euro e la confisca di ulteriori 150 mila euro.
Esclusi dai risarcimenti i cittadini del Comitato Spontaneo Cittadini Borzoli e Fegino, proprio perché le indagini sono terminate alla fese preliminare, stoppate appunto dall’accettazione del patteggiamento, e quindi non è possibile la costituzioni in parte civile per questo tipo di procedimento, secondo quanto stabilito da un sentenza della cassazione.
Nel dispositivo della sentenza viene ricostruita la vicenda: giù dal 2010, a seguito di una perizia, venivano individuati diversi segmenti di tubature che presentavano criticità tali da rendere necessaria una sostituzione ed un’ulteriore perizia. Ma gli interventi negli anni successivi sono stati fatti solo in parte e con poca tempestività (circa 25 tratti in cinque anni), tanto che già nel 2012 si era verificato un rilascio di greggio dallo stesso oleodotto, di cui fu messo a conoscenza l’organismo di vigilanza dell’azienda, ma che non fu seguito da ulteriori accertamenti.
Poi la rottura del 17 aprile 2016, mentre veniva trasbordato il carico di una nave verso i depositi di Fegino: rottura dovuta quindi alle condizioni dell’infrastruttura, e non a causa di smottamenti del terreno, come inizialmente ipotizzato. Dopo lo sversamento partirono le operazioni di messa in sicurezza d’emergenza (MISE) a carico di Iplom per un valore di oltre 5 milioni di euro. Da qui il calcolo della multa conferita all’azienda, calcolata in base al danno e quanto fatto successivamente dalla azienda stessa per contenerlo, 150 mila euro, che si aggiunge alla confisca calcolata sul risparmio ottenuto dal comportamento illecito, misurato in altre 150 mila euro.
Per gli altri quatto imputati, Giovanni Ardossi, responsabile del servizio manutenzioni e costruzioni, Alessandro Speranza, responsabile della meccanica civile, Nicola Ghiglione, responsabile delle mobilitazioni e spedizioni di oleodotti e depositi, indagati per inquinamento ambientale e l’ingegnere Maurizio Locarno, responsabile del progetto anti-incendio e indagato per falso, è previsto un giudizio separato.
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