Ostacoli

Stop pesca dalla diga foranea? I pescatori non ci stanno: “Danno per tutta la città”

"Andare a pescare è sempre più difficile, e il comparto è in crisi"

Diga foranea

Genova. “Nelle città di mare è, da sempre, abitudine di buona parte degli abitanti l’esercizio della pesca amatoriale, molti iniziano nell’infanzia, altri continuano nell’età matura, moltissimi nella terza età. Un fatto normale nella città costiere italiane, in molte di esse vi sono tratti di riva e strutture portuali aperte a queste attività, che permettono ai cittadini di avere un rapporto stretto con il mare, “purtroppo nella nostra Genova non è così, la pesca ricreativa e amatoriale è ostacolata oltre ogni dire”.

A scriverlo le associazioni dei pescatori amatoriali genovesi che riportano in una lettera aperta a tutta la cittadinanza le molteplici difficoltà che da tempo questo settore sta incontrando, soprattutto in termine di accessi ai luoghi elettivi per questa attività.

“Decine di migliaia di appassionati genovesi hanno visto negli anni ridursi gli spazi di pesca ai minimi termini, ridotti nel periodo primaverile ed estivo alle ore notturne per ordinanze sindacali nelle spiagge residue del territorio comunale, e scomparendo del tutto dalle dighe foranee in cui veniva tradizionalmente svolta questa attività”. Secondo le associazioni le motivazioni di questa “desolazione” sono molteplici: “Eesistenze burocratiche, divieti temporanei che diventano perpetui, vedi lo spazio che fu riservato alla Costa Concordia e in cui fu vietata giustamente la pesca fino alla fine del cantiere, oggi questo è da tempo terminato, ma il divieto è rimasto. Del resto sono molti i modi in cui si impedisce il raggiungimento delle dighe, basta non indicare gli imbarcaderi da cui far partire battellieri o barcaioli autorizzati o posizionarli a tale distanza da rendere non sostenibile economicamente il traghettamento dei pescatori”.

Un danno che non è solo per chi fisicamente va a pescare, ma per tutto il comparto sostenuto da questa attività: “Esiste un settore imprenditoriale e commerciale che sta pagando oggi queste chiusure, in termini di fatturato e di occupazione, infatti negozi di pesca si stanno sempre più rarefacendo e l’indotto che derivava dalla presenza di pescatori amatoriali di altre città, indotto sia alberghiero che di servizi di ristorazione è scomparso. Si dice che i genovesi siano avari, a guardare la tariffa che una parte di essi paga all’Autorità portuale non è così, essi pagano e non ricevono nulla, se non la speranza sempre più vana di poter tornare sui luoghi di pasca in cui sono stati per anni e anni. Il loro numero che è di migliaia si riduce ovviamente sempre più. Eppure le strutture portuali non sono deserte, sia sul molo di sottoflutto di Pra’, che sulle dighe pochi “privilegiati” pescatori sono sempre presenti, non sappiamo di quali permessi siano dotati e con quali mezzi e da quali varchi raggiungano quello che ai più è vietato”.

“Il lockdown determinato dall’emergenza COVID ha permesso ad alcuni di restringere ancora di più la pesca amatoriale in Genova, oggi è terminato, ma viene ancora agitato per imporre fantomatiche misure di sicurezza maggiori che nel pubblico trasporto o in ogni altra attività amatoriale – scrivono – I firmatari di questa lettera da anni cercano di ripristinare un diritto elementare dei genovesi, e, ricordiamolo, dei tanti piemontesi, lombardi ed emiliani che venivano in questa città per una esperienza di pesca fuori dal comune. Non abbiamo mai avuto un attimo di cedimento nel richiedere il ripristino di un diritto. Abbiamo scritto al Sindaco Bucci e al Presidente Toti e abbiamo trovate attenzione e solidarietà, in primis dall’Assessorato regionale alla pesca e quindi ci sono stati incontri e riunioni, tavoli tra gli enti e le istituzioni interessate e Commissioni consiliari, nulla e valso a smuovere i veri e propri scogli burocratici che hanno impedito e continuano a impedire l’esercizio della pesca amatoriale e ricreativa”.

E poi l’appello finale: “Non rimane molto tempo, specie per chi dipende da questo settore per lavoro o come impresa, oltre al danno materiale una delle valenze sociali e culturali che contraddistinguono le città di mare viene persa a Genova, che diventa così più povera e anonima, priva di una caratteristica peculiare. Il nostro è un appello a tutte le autorità, a tutti i decisori, ma soprattutto ai nostri concittadini perché, se una volta sono stati pescatori o lo siano oggi facciano sentire la loro voce”

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