Genova. “Da lui e dai suoi mi aspettavo sorrisi e brindisi, non i musi lunghi di questi giorni. Questa dovrebbe essere la differenza tra il segretario di un partito e il leader di uno schieramento“. Con queste parole, raccolte in un’intervista pubblicata dal Corriere della Sera, Giovanni Toti lancia una vera e propria bordata alla Lega di Matteo Salvini, uscita ridimensionata dalla tornata elettorale delle regionali.
Un commento che in qualche modo riprende la linea “del gioco di squadra” tracciata dal governatore rieletto ad urne ancora calde, in risposta all’affondo di Rixi che metteva subito sul tavolo le richieste del carroccio di assessorati e incarichi. Un gioco di squadra che evidentemente non si deve essere palesato. “Siete ancora amici?”, chiede il giornalista del Corriere: “Lo siamo ancora, almeno credo”, risponde Toti, ricordando poi i musi lunghi visti dei compagni di viaggio della Lega, nonostante la “più grande vittoria in Liguria nella storia del centro destra“.
Un risultato nato da una performance elettorale di Cambiamo! sopra ogni aspettativa, e che ha di fatto drenato molti voti da una Lega che alle europee del 2019 totalizzava il doppio delle preferenze: “Cannibalizzata? Analisi sbagliata – sottolinea però Toti – questo è anche un suo successo, non solo della mia lista o di Fratelli d’Italia. Un candidato premier – rivolgendosi a Salvini – deve avere a cuore i numeri della coalizione, non solo quelli del suo partito. Deve intestarsi le vittorie, come faceva molto bene Berlusconi, e non gioire solo per un consigliere in più della Lega o un suo candidato al ballottaggio”.
Alla luce di un consenso così netto da parte dei moderati, è quindi scontata la domanda su chi possa guidare ancora questa grande coalizione del centro destra: “Per essere il capo, servono due cose. I numeri e la capacità di gestire la coalizione. I primi ci sono, la seconda per ora no. Matteo potrebbe essere l’architetto del centrodestra, ma al momento non mi risulta che abbia alcun progetto. Si concentra solo sulle sue battaglie, va per conto suo. Non ascolta chi gli vuole bene. E a forza di dare spallate, finisce per rimediare una lussazione dopo l’altra».