Genova. Quando Alessio e Simone hanno visto che il padre, riverso in un lago di sangue, non si muoveva più, si sono abbracciati, incapaci per alcuni lunghissimi minuti di muoversi o di parlare. Solo di piangere. Poi Alessio ha preso il cellulare e ha chiamato la polizia: “Ho litigato con mio padre – ha detto all’operatore – mi ha aggredito e l’ho colpito. Ora non si muove più”.
Alessio, 28 anni, incensurato e molto attivo nel volontariato, si trova nel carcere di Marassi dopo che questa notte in un lungo interrogatorio, ha confessato, assistito dall’avvocato Luca Rinaldi, l’omicidio del padre. Il delitto si è consumato al culmine di una lite violenta che ha trasformato in tragedia la vita di una famiglia ben inserita e benvoluta nel quartiere di San Biagio in Valpolcevera.
Ma, nonostante le apparenze, la violenza e le vessazioni da parte della vittima, Pasquale Scalamandré, 62 anni, ex autista Amt andato in pensione da poco, andavano avanti da anni nei confronti della moglie, Laura Di Santo.
Erano cominciate anche prima della nascita di Alessio e Simone, rispettivamente 28 e 20 anni, e non si erano mai fermate finché il 1 gennaio di quest’anno la donna aveva trovato il coraggio di denunciare il marito che aveva ricevuto l’ordine di allontanamento dall’abitazione del nucleo famigliare. Ma gli appostamenti dell’uomo erano andati avanti per mesi in violazione dei divieti finché la donna, assistita dal centro antiviolenza Mascherona, non era stata trasferita in una struttura protetta per donne vittime di violenza in Sardegna.
Il 30 settembre avrebbe dovuto cominciare il processo per i maltrattamenti in famiglia e proprio per questo ieri sera Pasquale Scalamandré aveva chiesto ad Alessio di vedersi e si era recato nell’appartamento di via Garrone 14 dove aveva vissuto fino a gennaio.
Voleva che il figlio maggiore cambiasse la deposizione nel processo, visto che era stato solo Alessio a denunciare il padre insieme alla madre. “Hai rovinato la vita alla mamma, io ho solo detto la verità” ha detto al padre il 28enne prima che l’uomo, di fronte al diniego, si scagliasse contro il figlio. A quel punto Alessio ha raccontato agli inquirenti ha avuto paura, paura che il padre potesse ucciderlo o potesse in futuro uccidere la madre. Ha afferrato il matterello e ha cominciato a colpirlo con rabbia fino ad ucciderlo.
Simone, in base a quanto raccontato dai due ragazzi alla squadra mobile e al sostituto procuratore Francesco Cardona Albini, quando la lite è degenerata si trovava in bagno ed è arrivato solo per un momento per tentare di separare i due quando però era troppo tardi. Per questo il ventenne è al momento indagato a piede libero per omicidio in concorso. La mamma sta rientrando a Genova per stare vicino ai ragazzi anche perché così è possibile che Alessio, che al momento si trova recluso nel carcere di Marassi, possa ottenere gli arresti domiciliari. “Non è un ragazzo violento – spiega l’avvocato Luca Rinaldi – e non esiste alcun pericolo di reiterazione del reato quindi speriamo che possa uscire al più presto anche se il reato contestato prevede l’ergastolo”.
Alessio è infatti accusato di omicidio volontario pluriaggravato dal vincolo di parentela e dall’utilizzo di un’arma impropria, il matterello appunto. A proposito di armi, Pasquale Scalamandré aveva delle pistole che gli erano state sequestrate quando era stato denunciato per i maltrattamenti: “Alessio aveva paura anche perché pensava che potesse essere armato”.