Come stanno?

Gli altri ‘ponti Morandi’ dimenticati: tra sperimentazione, storia e manutenzioni urgenti fotogallery

Tra Albissola e Pra', tanti i caratteristici viadotti ad arco, di cui diversi progettati da Riccardo Morandi negli anni 50

viadotto lupara a10

Genova. Se il viadotto sul Polcevera, era tra le opere più note e simboliche di Riccardo Morandi, sulla A10 continuano ad rimanere in servizio altri ponti progettati dall’ingegnere più discusso di questi anni, altrettanto arditi dal punto di vista costruttivo e anche loro bisognosi di “cure” immediate.

Stiamo parlando dei ponti ad arco costruiti sulla tratta tra Albisola e Pra’, la prima della A10 ad essere operativa, terminata a fine anni 50, e quindi seconda tratta per anzianità della Liguria, dopo la camionale, realizzata negli anni 30 e raddoppiata con la carreggiata nord solo ad inizio anni 60.

Una autostrada, all’epoca a doppio senso di marcia, costruita all’inizio di quel boom economico che trasformò il nostro paese, dotandolo di grandi strade e ferrovie, con arditismi ingegneristici mai visti in precedenza, che daranno il via a quella corsa tecnica e tecnologica che terminerà solo con i grandi viadotti degli anni 70. Anni, quelli della Albisola-Pra’, dove si sperimentava con il calcestruzzo e l’acciaio, superando limiti considerati allora impossibili, con soluzioni costruttive che ancora oggi fanno scuola e letteratura. Ma che necessitano, a quasi settant’anni dalla loro entrata in servizio, di una cura approfondita e costante, cosa che in questi anni, stando alle inchieste della magistratura, non sempre sembra essere stata così puntuale.

viadotto lupara a10

Dopo le prime opere in ambito civile, Riccardo Morandi, ad inizio degli anni cinquanta presenta i progetti per i viadotti di quello che diventerà il primo embrione della A10, disegnando i caratteristici ponti ad arco in calcestruzzo, soluzione costruttiva molto in voga in quegli anni, ma portando allo standard innovazioni e sperimentazioni tecniche e concettuali. Nel 1951 viene approvato il tracciato dei 21 chilometri della Albissola- Pra’, e partono immediatamente le gare per i lavori.

Morandi partecipa con i suoi disegni, e fan man bassa di affidamenti grazie ad alcune innovazioni che diventeranno la cifra dei suoi ponti ad arco e che permetteranno di saltare grandi distanze su le scoscese e irregolari gole delle piccole vallate che il tracciato attraversa, squarciando l’isolamento millenario di paesi e territori.

Il ponte ad arco di Morandi è più spesso perché costruito cavo, in modo da alleggerirne la struttura e permettere salti più lunghi. Per costruire l’arco, infatti, veniva allestita un’impalcatura di tubi innocenti e legno, dove veniva posato l’arco, a sezioni continue in restringimento verso la parte sommitale. Una volta terminato, diventava portante, e caricato della sede stradale composta da travi sostenute da puntoni che poggiano sull’arco, e che Morandi riduce massimamente e rastrema verso l’alto per conferire leggerezza a tutta la struttura.

L’esempio massimo di questa sintesi è il monumentale viadotto Lupara, che permette di percorre i suoi 225 metri di strada a circa una 40 di metri dall’omonimo torrente grazie ad un arco con una luce di 120 metri. All’epoca fu il più grande del genere mai costruito, e sarebbe stato superato solamente dal progetto dello stesso Morandi sul Cerusa, a Voltri: circa 220 metri di luce per un unico lunghissimo arco ad superare la vallata. Il progetto sul Cerusa, però, non convinse, e fu battuto da quello attuale, costruito con due archi più stretti e in cemento pieno.

Ma oggi come sta il Lupara? Operativo dal 1957, ha oltre sessant’anni di servizio, e necessita di interventi di manutenzione nel breve periodo. Dopo le ispezioni suppletive terminate nei mesi scorsi, dopo l’intervento del super ispettore del Mit Placido Migliorino, il Lupara è finito tra i 116 viadotti liguri che dovranno essere sottoposti ad una manutenzione urgente entro due anni. Una valutazione che corrisponderebbe ad un voto complessivo di 60, in crescita, e quindi peggioramento, rispetto al 41 certificato da Aspi lo scorso settembre, cioè interventi necessari nel medio e lungo termine.

Anche il viadotto Arrestra, a Cogoleto, fu progettato da Morandi, e vide una costruzione più tumultuosa: come si trova negli archi della Dalmine-Innoccenti, il castello di impalcatura su quale sarebbe stato poi costruito l’arco, sarebbe stato necessario costruirlo due volte a causa di una tempesta che ne flagellò la prima struttura, salvata solamente dai rinforzi voluti dal Morandi stesso. Sul letto del fiume ancora oggi sono visibili le basi in cemento su cui poggiavano i sei archi di ponteggi necessari per sostenere la struttura in fase di costruzione. Oggi il viadotto è in buone condizioni di salute dopo un recente intervento di ripristino di alcune parti, e al momento non sono previsti altri interventi.

Viadotto Arrestra

Caso differente per il Vesima, che salta per 200 metri la franosa valle sottostante: anche in questo caso, il ponte ad arco che era stato valutato con un 30 (lavoro non previsti) ma che dopo le nuove ispezioni è finito nel calderone di quelli che necessitano interventi di manutenzione nel breve periodo, con cantieri che dovrebbero partire già entro l’anno.

viadotto vesima

Gli archivi ci riportano che oltre a questo più noti e sicuramente più voluminosi e impegnativi dal punto di vista ingegneristico, Riccardo Morandi ha firmato i progetti anche per i seguenti viadotti, sempre sulla A10: Egua, Rio Cucco, Rio Perno, Rio Piani, Rio Cantarena e rio Gasca.

Viadotto Egua

Sulla A10, quindi, nel tratto Albissola-Pra’, in direzione Genova, sono ancora operativi una decina di “Ponti Morandi”, e sebbene non siano strallati come il più tristemente noto “viadotto Polcevera”, rappresentano una pagina unica per la storia delle nostre infrastrutture. Una storia che non è ancora finita, e che necessita di una nuova stagione di manutenzioni, che, si spera, dovrebbe essere alle porte.

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