Genova. Tutto fa pensare che possa essere lei, la leggendaria “Santo Spirito e Santa Maria di Loreto”, una nave mercantile ragusea naufragata durante una libecciata il 29 ottobre 1579 nel mare di Camogli, tra punta Chiappa e la chiesa di San Nicolò di Capodimonte. In quel periodo c’era la peste e per quel motivo era rimasta a lungo nel porto di Genova. Lo scorso febbraio, pochi giorni prima che iniziasse l’emergenza coronavirus (strane coincidenze), due subacquei professionisti si sono imbattuti a 50 metri di profondità in quello che potrebbe essere il suo relitto.
Ad annunciare l’eccezionale ritrovamento, trascorsi i mesi del lockdown, è stata oggi la Soprintendenza dei beni culturali della Liguria che ha coordinato le prime operazioni insieme ai Carabinieri subacquei e al comando tutela patrimonio culturale. Si tratta della prima nave di quell’epoca mai ritrovata in Italia.
“Quando ci troviamo di fronte a un relitto come questo non bisogna andare sull’onda dell’entusiasmo ma sulla scorta di analisi scientifiche – avverte Alessandra Cabella, storica dell’arte e referente della tutela storico-artistica per la Soprintendenza -. Faremo l’analisi del carbonio 14 e abbiamo già costituito un gruppo di ricerca internazionale con esperti di architettura navale. Certo, è un’ipotesi allettante e a noi piace sognare”.
Gli autori della scoperta sono Gabriele Succi ed Edoardo Sbaraini, due esperti sommozzatori titolari della ditta Rasta Divers di Santa Margherita Ligure in immersione nella zona davanti al cosiddetto Porto Pidocchio. “Lo scopo era perlustrare una zona solitamente trascurata dai subacquei – raccontano -. La nostra attenzione è stata attirata da una zona coperta da reti da pesca e grandi concrezioni, che solitamente sono buoni indizi per la presenza di relitti antichi”. Ed ecco cosa trovano: una serie di elementi in legno ordinati, disposti a pettine, probabilmente il fasciame di una nave mercantile del Cinquecento.
Trovare la Santo Spirito (qui si può leggere la sua storia) è un po’ il sogno di ogni cacciatore di navi antiche sui fondali marini. Ma in ogni caso si tratterebbe di una notizia straordinaria perché “i relitti del Cinquecento trovati sui fondali del Mediterraneo si contano davvero sulle dita di una mano“, ricorda Cabella. Pochi altri i casi, dalla Francia alla Corsica fino alle coste della Croazia. Il Mar Ligure era frequentatissimo da queste imbarcazioni, ma nessuna era mai giunta fino a noi in quello stato di conservazione.
I due avevano già trovato anfore romane sul fondale di Portofino nel 2018, quindi non sono nuovi a scoperte di questo tipo. Ma l’emozione è stata comunque forte: “Era subito evidente che non si trattava di un relitto moderno o di spazzatura. Potrebbe essere qualcosa di veramente grosso, è sempre una bella esperienza”, ricordano Succi e Sbaraini che si stanno specializzando proprio in archeologia subacquea.
La loro tempestiva segnalazione alla Soprintendenza, prevista dalla legge, ha dato il via ad una serie di immersioni, in cui gli stessi scopritori hanno lavorato al fianco degli operatori subacquei della Soprintendenza e dei carabinieri subacquei per i primi rilievi. I primi risultati hanno confermato il grande interesse del ritrovamento, in quanto la porzione di scafo visibile può essere riconducibile ad un relitto della prima età moderna.
Gli studi ovviamente sono ancora in corso. “I costi per operare a quella profondità sono molto elevati. La prima cosa sarà mettere in sicurezza i resti visibili”, spiega Simon Luca Trigona, responsabile del servizio tecnico di archeologia subacquea della Soprintendenza genovese. Ora l’area verrà interdetta alla balneazione con una apposita ordinanza per evitare lo sciacallaggio sul “tesoro” della nave.
La Santo Spirito è stata oggetto a partire dagli inizi degli anni ’70 del secolo scorso di ripetuti tentativi e successivi programmi di ricerca, la cui storia può essere ricostruita nel dettaglio grazie ai documenti conservati a Genova e in numerosi altri archivi italiani ed europei. Armata nel porto di Ragusa di Dalmazia, l’odierna Dubrovnik, si era fermata a Genova per riparazioni urgenti dopo essere stata danneggiata durante un fortunale. Il suo equipaggio era già decimato a causa della peste. Il 28 ottobre 1579 salpò verso Napoli per consegnare cinque cannoni di bronzo prodotti dalle fonderie genovesi con relative munizioni, ma la tempesta la fece schiantare sugli scogli la mattina dopo. Provvidenziale fu l’aiuto degli abitanti di Ruta e San Rocco, che scesero dai monti e riuscirono a salvare tutti i membri dell’equipaggio.
Alcuni dei primi elementi suggeriscono che possa essere lei: “Anzitutto il luogo di rinvenimento proprio sotto Punta Chiappa nel luogo in cui è indicato il sinistro navale – continua Trigona – poi la tipologia di scafo che potrebbe essere assimilato con questo rinvenimento, e alcuni oggetti di ceramica e metallo che potrebbero essere ricondotti a questo relitto”.
L’avventura, comunque, è appena iniziata. “Ora ci servono i fondi per fare una campagna di scavo che sarà molto impegnativa – ricorda Cabella – ma ci aspettiamo che da un relitto di quell’epoca possano uscire ceramiche, monete, medaglie, strumenti di navigazione come sestanti, ottanti e sfere armillari. E speriamo magari che escano artigliere o ancore. Tutti oggetti che potranno aiutarci a datare quella nave ed è importante per questo avere una squadra con i massimi esperti di ogni settore. In ogni caso siamo sicuri che si tratti di una scoperta straordinaria“.