Genova. Passeggiano tranquilli per la strada, a ogni ora del giorno e della notte. Sono padroni delle creuse e delle scalinate che si arrampicano tra le case. Molte volte senza disturbare nessuno, altre volte creando parecchi problemi. Come quando rovesciano i cassonetti a suon di testate, spargendo spazzatura ovunque e danneggiando le auto parcheggiate.
I cinghiali sono diventati i protagonisti indiscussi della vita quotidiana a Quezzi, quartiere della Bassa Valbisagno dove il cemento dei palazzoni costruiti nel dopoguerra arriva a lambire l’acqua del Fereggiano e dei suoi affluenti, dove le strade di città confinano direttamente coi boschi abbandonati all’incuria da decenni.
Molto difficile che attacchino l’uomo, più rischioso incontrarli portando a spasso il cane. E se attraversano la strada l’incidente è sempre dietro l’angolo, in un quartiere dove la via è stretta ma i veicoli sono tanti. “La situazione è diventata ormai ingestibile“, lamentano sui social molti abitanti della zona, quasi 10mila persone in tutto, che ora si mobilitano per passare dalle parole ai fatti. In due direzioni opposte.
Da una parte c’è il fronte di chi dice basta. “Sono pericolosi, dobbiamo fare qualcosa noi prima che succeda qualcosa di grave. Non è vero che sono innocui. E poi, chi ci paga i danni?”. In via degli Oleandri, nella parte alta del quartiere, più di un’auto è stata ammaccata nelle notti scorse dai cassonetti che rotolavano giù spinti dagli ungulati. E così è partita una sorta di catena. Un messaggio da copia-incollare e inviare in massa via e-mail a Giovanni Toti, presidente della Regione, che è l’ente competente in materia di fauna selvatica.
Ma a Quezzi c’è anche chi di recente ha mosso mari e monti per salvarli, i cinghiali. Una mamma era stata trafitta da una freccia d’acciaio scagliata da un balcone. È stato Massimo Di Silvestro ad aprire una colletta per pagare due veterinari che la medicassero dopo averla catturata. Ora tutta la famigliola gira di nuovo libera per il quartiere, indisturbata però anche nelle scorribande.
“La Regione può solo abbatterli – risponde Massimo ai suoi concittadini -. Chi vuole evitare che vengano abbattuti non deve mandare quella lettera. Sono solo animali indifesi, proviamo a salvarli con la sterilizzazione e il trasferimento in aree riservate”. Quando non arrivano le guardie ad ammazzarli ci pensano magari i cani, come quello che ha azzannato un cucciolo che si era avventurato in un giardino privato.

Così Di Silvestro ha preparato una lettera alternativa per chiedere che almeno una delle zone di addestramento cani (cosiddette Zac) ad uso dei cacciatori – dove spesso gli ungulati vengono uccisi a scopi venatori – possa essere destinata ad accogliere i cinghiali catturati in città per poi sterilizzare i maschi col metodo della pastura, evitando metodi cruenti. Un appello sottoscritto dall’associazione Animalisti Genovesi e indirizzato anche all’assessore Stefano Mai con delega alla caccia.
Più volte negli anni sono state annunciate soluzioni come reti elettrificate sui crinali, ma a Quezzi non si è mai visto nulla del genere. “La competenza sulla fauna selvatica dal 2014 è esclusivamente della Regione – ha commentato il presidente del Municipio Bassa Valbisagno Massimo Ferrante – Meno di un anno fa abbiamo votato una mozione in cui chiedevamo interventi rapidi da parte della Regione, perché i cinghiali si stanno addomesticando. Abbiamo proposto alcune soluzioni tra cui una campagna di sterilizzazione e la chiusura dei varchi da cui i cinghiali scendono in città. Ad oggi non è pervenuta alcuna risposta alla nostra mozione e ai nostri suggerimenti e probabilmente la Regione gioca sul fatto che la gente non conosce le competenze”.
Ma i cinghiali ormai sono veri animali urbani da queste parti, un po’ come i piccioni. Intere famiglie costituite da mamma, papà e cuccioli al seguito stazionano per ore tra le auto parcheggiate e i bidoni dell’immondizia, in largo Merlo, in via Pinetti, a Pedegoli, in piazza Santa Maria. Spesso per conquistare il loro pasto non devono nemmeno rovistare tra i rifiuti, visto che alcuni abitanti inteneriti lasciano loro da mangiare in mezzo alla strada, una pratica illegale e controproducente che tuttavia continua a tenere banco. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
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